Il (ri)ciclo di vita delle batterie

Le batterie fanno molto più che alimentare i veicoli elettrici – ne determinano la performance, la durata, la velocità di ricarica e i costi. Ciò è una minima parte del loro viaggio lungo la catena del valore che comincia con l’estrazione delle materie prime – i metalli – e si prolunga in una seconda fase di stoccaggio e riciclo dell’energia. La sostenibilità è una curva su cui esse viaggiano con un passaporto, un’idea recente dal potenziale inesplorato. 

Cosa accomuna batterie e sostenibilità aziendale?

Le batterie e la loro sostenibilità sono divenute l’interesse principale di alcuni settori produttivi. Il perché va ritrovato nella recente decisione della Commissione Europea di introdurre come pratica obbligatoria per le aziende europee, a partire dal prossimo anno fiscale (FY23), la rendicontazione di sostenibilità. Di cosa si tratti e chi riguardi è oggetto del testo della direttiva, in attesa di pubblicazione e inerente l’ampio discorso della Corporate Social Responsibility (CSR), ma in breve sappiamo che:

  • Saranno interessate 49.000 grandi aziende europee con precise e quantificate caratteristiche
  • Gli standard decisi dalla Commissione valuteranno l’impegno posto dalle medesime nell’integrare le problematiche relative a società, ambiente, etica, diritti umani e consumatori nella loro strategia

Gli obiettivi sono:

  • La creazione di valore condiviso per la società
  • La prevenzione e mitigazione degli impatti negativi

 

Il caso del cobalto parla chiaro

All’interno di questo quadro, BMW e altri importanti gruppi automobilistici europei si sono mossi nella direzione di una maggiore sostenibilità delle catene di approvvigionamento di materie prime. Per conciliare l’evoluzione nel parterre dei propri prodotti e i principi di CSR, hanno modificato la geografia dei propri investimenti, puntando su paesi che hanno recentemente compiuto passi in avanti nelle politiche ambientali, economiche e sociali. Tra questi si è distinto il Marocco, attirando l’attenzione per la sua produzione di cobalto green nel contesto di un ampio programma di interventi orientati al raggiungimento di un mix energetico statale sostenibile. Renault e BMW, alla ricerca di rifornimenti sicuri e trasparenti per la produzione dei propri Electric Vehicles (EVs), hanno premiato questo sforzo reindirizzando gli approvvigionamenti dalla Repubblica Democratica del Congo (RDC) al paese nordafricano. Questa decisione si è resa necessaria anche a seguito dei frequenti dibattiti creatisi attorno ai lavoratori delle miniere africane, delle cui sorti abbiamo discusso in precedenza qui.

 

Accordi per metalli più green: l’esempio del Battery passport

Fonte: Global Battery Alliance (GBA) official site

Questa dinamica ha due andamenti: uno bottom-up, l’altro top-down. Da un lato i paesi tradizionalmente produttori di materie prime procedono spontaneamente nello sviluppo di politiche ambientali orientate alla sostenibilità. L’obiettivo è attirare investimenti e mantenere salda la propria posizione nelle catene produttive globali, nonché migliorare la qualità di vita della popolazione locale e contenere gli effetti del cambiamento climatico. Dall’altro, i paesi più industrializzati, acquirenti secolari delle risorse provenienti da queste zone, si muovono secondo un quadro normativo sempre più stringente. Quest’ultimo è stato ideato e promosso dai medesimi nell’intento di produrre una diffusa compliance sulle norme di estrazione e commercio delle materie prime. Se la prima è una dinamica che si muove dagli stati in direzione del mercato, la seconda ha l’aspetto di un sistema di norme che anela a imporre una coerenza attitudinale verso un concetto di sostenibilità inclusivo.

Le iniziative internazionali sul tema

Ciò è particolarmente evidente nel sistema di accordi e principi che regolano le attività di estrazione mineraria, sorvegliato da istituzioni internazionali trasversali. Tra le più rilevanti:

  • l’Initiative for Responsible Mining Assurance (IRMA): si colloca come attore terzo nelle dinamiche di estrazione e commercio delle materie prime minerarie, rilasciando certificati di compliance ai più virtuosi secondo quattro criteri che includono la responsabilità sociale e ambientale, l’integrità aziendale e la capacità di pianificazione di una positive legacy. E’ sostenuta e riconosciuta sia dalla aziende, sia da numerose organizzazioni no-profit e della società civile. La sua attività è mappata sul sito interattivo.
  • la Responsible Mineral Iniatiative (RMI): con l’obiettivo di contribuire allo sviluppo socioeconomico globale, promuove il dialogo fra i suoi 400 membri e stakeholder. Assiste le aziende che lo necessitino nei piani di investimento, garantendone il rispetto degli standard ambientali e lavorativi internazionali da essa promossa e presentati qui. Il focus può essere anche su aree ad alto rischio o geopoliticamente instabili.
  • la Global Battery Alliance (GBA): quest’ultima include un accordo specifico sul cobalto, metallo particolarmente richiesto che, insieme a litio, grafite, manganese e vanadio, rappresenta l’elemento costituente delle batterie per veicoli elettrici, dei quali abbiamo parlato qui. Inoltre, promuove l’impiego del cosiddetto battery passport, una copia digitale di ogni batteria. Essa racchiude tutte le informazioni necessarie a valutarne la sostenibilità. Tale valutazione comprende gli ESG e tutte le fasi del suo ciclo di vita. Ogni battery passport sarà caricato su una piattaforma liberamente consultabile, fornendo una prospettiva completa sulla catena del valore lungo la quale compie il suo viaggio. Qui la presentazione del progetto.

 

Lunga vita alle batterie con BMW e Northvolt

Fonte: Northvolt official site

In tale contesto, molte aziende hanno adottato strategie di crescente conformità ai principi di tutela dell’ambiente e dei lavoratori di settore. Per farlo hanno scelto con maggiore cura il sito di provenienza di metalli e altre materie prime, verificandone le caratteristiche. Si sono poi fatte coadiuvare da altre aziende nelle fasi successive del riciclo. A fare da esempio ancora BMW, che ha avviato un progetto pilota in collaborazione con Northvolt, finalizzato al ricondizionamento e reimpiego delle batterie elettriche. L’azienda svedese, l’europea più all’avanguardia nel settore, ricerca collaborazioni B2B per allungare il ciclo di vita delle batterie e dei metalli. Infatti, il loro potenziale, a differenza delle altre fonti non rinnovabili, è quello di un infinito riutilizzo e di una garantita circolarità produttiva priva di sprechi.

Ad oggi, Northvolt e Hydro, leader del comparto energetico sostenibile, hanno messo in funzione il più grande sito europeo di riciclo di batterie per EVs. Esso è capace di gestirne un ammontare complessivo di 12.000 tonnellate all’anno. L’Hydrovolt, questo il nome del modernissimo impianto, ha l’obiettivo di riciclare 70.000 tonnellate di batterie entro il 2025 e 300.000 tonnellate entro il 2030.

 

Questo post è stato redatto da Chiara Losito, studentessa del corso di laurea magistrale in Scienze Internazionali – China and Global Studies – presso l’Università di Torino, nell’ambito di uno stage presso l’Ufficio Studi Economici dell’Unione Industriali. Ecco come si presenta.

La mia formazione completamente internazionalistica, sin dalla triennale, necessitava di una svolta pratica e orientata alla ricerca. Ecco perché lo stage presso l’Ufficio Studi Economici si è presentato come un’occasione perfetta per mettere a frutto le mie competenze teorico-istituzionali nel contesto offerto dall’Unione e dal suo stretto rapporto con le associate. In futuro desidero occuparmi di affari pubblici e counseling strategico, per il quale una conoscenza approfondita del tessuto industriale – specie nel caso italiano – risulta imprescindibile. 

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