L’esito del voto del 4 marzo ha determinato una situazione complessa e intricata che genera diffuse preoccupazioni fra gli operatori economici , gli investitori e gli osservatori stranieri. Il nostro sembra essere l’unico grande Paese europeo ad aver ceduto alle tentazioni sovraniste. Il futuro dell’Italia è a rischio.
Risultati elezioni: rivoluzionari ma attesi
La consultazione elettorale del 4 marzo, con i risultati che ne sono emersi, ancorché “rivoluzionari”, si è dimostrata, sostanzialmente inutile. Infatti, nessun raggruppamento ha raggiunto la soglia del 40% necessaria per intascare il premio di maggioranza. Inoltre, i voti, essendosi ripartiti sui tre principali partiti/coalizioni hanno determinato una situazione nella quale le alleanze risultano essere, al tempo stesso, necessarie ma molto difficili rendendo ardua e improbabile la governabilità del Paese.
Il quadro politico che si è delineato, ancorché sorprendente, non è inaspettato in quanto è l’esito, fortemente enfatizzato, delle linee di tendenza messe in evidenza nelle settimane precedenti il voto da tutti i principali sondaggisti.
Se il mood di questa consultazione è quindi una conferma, l’entità e le modalità degli esiti mantengono l’effetto sorpresa.
Il Movimento 5 stelle è cresciuto molto, soprattutto al Centro e al Sud. Il centro destra non ha raggiunto l’obiettivo del 40% ma il dato più rilevante risiede nel fatto che la Lega è risultata essere il primo partito della coalizione, superando di 4 punti e mezzo Forza Italia.
Ciò ha contemporaneamente promosso Matteo Salvini al ruolo di leader del centro destra e relegato Silvio Berlusconi in un cono d’ombra.
Il Pd è crollato, andando sotto il 20%, sintomo di una gravissima crisi in cui gli elementi politici e personali si intessono fittamente.
Renzi, sebbene riluttante, si è dimesso da segretario; ciò nonostante al momento, il Pd non sembra avere la capacità, la forza e la lucidità per reagire.
La lista Bonino, per chi proprio non ce la faceva a votare Pd, non ha superato la soglia del 3% mentre Liberi e Uguali l’ha superata di poco (3,4%) conseguendo un risultato grosso modo pari alla metà delle aspettative.
Il risultato delle elezioni è una difficile governabilità frutto di una “tempesta perfetta”! E non c’è dubbio che la fase che stiamo vivendo, e che si estenderà ai prossimi mesi, sia di grande delicatezza.
Risultati uguali ma diversi
Prima di addentrarsi in un’analisi del voto, val la pena osservare come tali risultati si iscrivano all’interno di una cornice internazionale ove le forze populiste e nazionaliste hanno alimentato prima la Brexit e poi l’elezione di Trump negli USA, che si sono sposati ad una spregiudicata ingerenza della Russia di Putin attraverso i social e la manipolazione dei Big Data.
Anche il contesto europeo è percorso da diffusi sentimenti di revanchismo nazionalista e di antieuropeismo che hanno destato molte preoccupazioni e hanno fatto sì che in Germania, Francia e Spagna si elevassero, con successo, barriere contro l’avanzata delle destre xenofobe. L’Italia, viceversa, in assenza del doppio turno, con un meccanismo elettorale confuso, ed una maggiore divisione fra le forze politiche tradizionali, non è riuscita nell’intento di tenere a bada le forze sovraniste.
Risultati elezioni: una lettura problematica
Ci sono molte chiavi di lettura dei risultati; qui di seguito mi limito a quelle che mi sono parse più convincenti ed interessanti.
- Un esito del voto così netto richiede anche una spiegazione sistemica. Essa potrebbe consistere nella netta dicotomia tra chi vive nelle grandi città ed è pronto ad affrontare la modernità e chi, al contrario, abitando le “periferie del mondo” ne è impaurito e penalizzato. Il voto del 4 marzo, potrebbe dunque essere anche un voto di rivalsa, contro la “casta”, da parte dei dimenticati, degli sconfitti, delle vittime della globalizzazione e più precisamente della mondializzazione dell’economia.
Quanti, e sono molti, hanno perduto il lavoro e non riescono a rientrare nel circuito produttivo, dei giovani che non riescono ad accedervi, dei sempre più numerosi poveri, degli emarginati.
L’aumento delle disuguaglianze sociali e della distribuzione della ricchezza sono aumentate esponenzialmente. Il voto espresso è dunque una domanda di forte protezione sociale che non è stata compresa soprattutto dalla sinistra o ciò che di essa rimane.
Potremmo dire che questo è il voto degli ultimi, una sorta di neo proletariato, forse privo di coscienza politica ma non senza identità che anzi, vede nel voto populista la propria ultima chance di tutela, di riscatto e anche di rivincita.
Di tutto ciò la sinistra non ha capito nulla, in quanto è completamente mancata la capacità di lettura della crisi in atto nella base sociale; un terreno che, per sua stessa natura, avrebbe dovuto esserle consustanziale.
E questa è una colpa specifica e grave.
La classe dirigente del Pd è sembrata vivere in un altrove; assorbita dalla propria autoreferenzialità si è rivelata indifferente, distratta dalle guerre intestine e incapace anche di tesaurizzare i frutti della ripresa economica in atto e il costante apprezzamento dell’Europa.
- Altro elemento d’interesse riguarda la distribuzione geografica del voto, molto netta, che delinea un Paese spaccato in due con il Nord produttivo che vede una maggiore presenza del Pd, di FI e della Lega, mentre il Sud è dominato dal Movimento 5 stelle. Al Sud, verosimilmente, il Movimento Cinque Stelle ha conseguito un successo diffuso in ragione del reddito di cittadinanza, un provvedimento che ben si combina con un’economia di scambi locali, di piccolo cabotaggio e di sopravvivenza, senza dubbio statica ed incapace di prendere parte ai circuiti dell’innovazione economica e sociale. Quella del voto di scambio è un’ipotesi senz’altro plausibile che tuttavia non esclude la possibilità di altre ben più consistenti ombre.Al Nord viceversa il problema dell’immigrazione, fonte di grande e autentica preoccupazione, è stato intercettato con spregiudicato intuito politico da Matteo Salvini. L’altro driver del voto leghista è stato l’abolizione della Legge Fornero. Sulla base di questi presupposti il voto leghista esprime l’idea di una difesa legittima e di una tutela forte all’erosione dei propri diritti di residente e lavoratore.Resta il fatto che le promesse di carattere economico, formulate in campagna elettorale, oltre ad una evidente scarsa possibilità di essere messe in atto, risultano anche assai poco coerenti l’una con l’altra.
- Un’altra chiave di lettura è costituita dal punto di vista degli osservatori internazionali, che, inclusa la stampa estera, hanno espresso diffuse preoccupazioni e non poco disappunto per le possibili conseguenze.Negli Stati Uniti c’è preoccupazione, sia in campo democratico sia repubblicano, per il possibile disimpegno dell’Italia nell’ambito della Nato e nelle varie operazioni di peacekeeping in atto nello scacchiere internazionale.L’Unione europea ha manifestato in più occasioni e con toni allarmati la specificità del caso italiano e del rischio di contagio.In particolare poi, il mondo bancario teme una politica meno rivolta alla tutela e alla messa in sicurezza degli squilibri finanziari, a vantaggio di una politica dedicata agli interessi diffusi dei cittadini.Naturalmente ci sono state anche dichiarazioni più accomodanti ma non sfuggono quelle delle principali testate internazionali all’indomani del voto a partire da Der Spiegel che titola con un caustico “I bambini italiani hanno eletto i loro pupazzi” o quella dell’Economist che tratteggia la situazione del nostro Paese con un lapidario “L’Italia nel pantano”.Sicuramente la nostra credibilità, già fragile, sarà messa alla prova dei fatti e per certo l’euroscetticismo, l’idea di depotenziare la riforma delle pensioni, di accrescere il deficit oltre la soglia del 3% inevitabilmente sospingono il nostro Paese in una posizione più periferica nel quadro europeo.
Sebbene vi siano molte altre chiavi di lettura interessanti mi fermo qui.
Concludo con due notazioni a latere.
La prima riguarda il fatto che il 4 marzo si è svolta una consultazione referendaria in Svizzera sulla possibilità di abolire il canone della tv pubblica. I cittadini elvetici hanno risposto di NO; hanno detto che vogliono continuare a pagare, perché il servizio pubblico è troppo importante per rinunciarvi. E la tv svizzera, orgogliosa di tale scelta, si è impegnata a migliorare la qualità dei programmi e del servizio erogato. Proprio come in Italia.
La seconda notazione riguarda il fatto che pochi giorni prima delle elezioni, il 2 marzo è morto, all’età di 107 anni, Gillo Dorfles.
Era un uomo di grande cultura e grande charme, esponente di una cultura mitteleuropea orientata alla modernità e alla sperimentazione.
Era un esteta, di grande sostanza.
Diceva, fra l’altro, che l’eleganza è un requisito dell’esistenza, dell’uomo e ancor più della donna; non solo nel modo di vestire, ma anche di comportarsi, di vivere, di parlare. Soprattutto nel modo di pensare.
Mala tempora currunt.
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