Egitto hub commerciale globale: il ponte tra Africa, Asia ed Europa

In un mondo globalizzato, l’Egitto si distingue come un hub commerciale globale. La sua posizione strategica tra Africa, Asia ed Europa lo rende un crocevia naturale per i flussi economici e politici. L’Egitto, grazie al suo accesso strategico a tre continenti (Africa, Asia ed Europa), rappresenta uno dei “Paesi Gate” più significativi, una crocevia per le dinamiche economiche e geopolitiche. Questo ruolo è ulteriormente rafforzato dal coinvolgimento del paese nel programma cinese della Belt and Road Initiative (BRI), che mira a costruire una vasta rete globale di commercio e infrastrutture, promosso dal presidente Xi Jinping.

Ma cos’è un Paese Gate? Perché l’Egitto, rispetto ad altri paesi nella stessa regione, è oggi riconosciuto come un hub commerciale globale grazie alla sua posizione unica e strategica? E quale ruolo giocano le collaborazioni con la Cina nel consolidare questa posizione.

È importante capire innanzitutto: cos’è un Paese Gate e perché è così importante?
Un “Paese Gate” è una nazione che funge da porta d’accesso verso mercati più ampi, sfruttando la sua posizione geografica, politiche economiche favorevoli e infrastrutture all’avanguardia per attrarre investimenti e facilitare il commercio. L’importanza di questi paesi risiede nel fatto che facilitano i flussi commerciali offrendo collegamenti diretti verso regioni strategiche, incentivano gli investimenti grazie alle Zone Economiche Speciali (ZES) e politiche fiscali attrattive per le imprese multinazionali, inoltre rafforzano le relazioni geopolitiche tra potenze globali.

Perché l’Egitto si distingue come hub commerciale globale?

Fin dagli albori, l’Egitto è stato uno snodo importantissimo per scambi culturali ed economici, grazie alla sua posizione lungo il fiume Nilo e alla vicinanza a due mari molto importanti, il Mar Rosso e il Mar Mediterraneo.  Il ruolo dell’Egitto come hub commerciale globale è rafforzato da investimenti infrastrutturali: nel 1869 avvenne ciò che rafforzò ulteriormente questa posizione, la costruzione del Canale di Suez.

Fonte immagine: https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Suez_Canal,_Egypt_(satellite_view).jpg

Oggi, il Canale di Suez è una delle infrastrutture più importanti attorno a cui ruota circa il 12% del commercio globale che transita proprio attraverso di esso. Basti pensare che il 30% delle spedizioni mondiali di container utilizza questa rotta. Non a caso, nel 2015 venne inaugurato l’ampliamento del canale che ha raddoppiato la sua capacità di traffico e ne ha migliorato l’efficienza.

La Nuova Capitale Amministrativa

Per consolidare il suo ruolo di Paese Gate, l’Egitto ha investito massicciamente in infrastrutture. La costruzione della Nuova Capitale Amministrativa (NAC), situata a 45 chilometri dal Cairo, rappresenta uno dei progetti più ambiziosi al mondo. Annunciata nel 2015 e attualmente in fase di realizzazione, la città è progettata per ospitare oltre 6.5 milioni di abitanti, al fine di ridurre la congestione insostenibile del Cairo, con oltre 20 milioni di abitanti. La funzione principale di questa nuova metropoli sarà però quella di diventare il nuovo centro amministrativo e finanziario del paese. È in progetto la costruzione di più di 650 chilometri di strade, di un aeroporto internazionale e di un grattacielo che con la sua altezza, 400 metri, diventerà il più alto dell’Africa.

La Zona Economica Speciale del Canale di Suez: SCZone

Questo progetto non è nuovo, ma è quello che più di tutti si sta rivelando fondamentale per la crescita degli investimenti esteri. La SCZone venne istituita nel 2015, da allora è un pilastro delle strategie economiche egiziane. Offre incentivi fiscali e doganali per attrarre investimenti stranieri, in modo particolare dalla Cina. Non a caso, ad oggi, ospita oltre 160 aziende cinesi per un totale di capitali attratti che supera i 6 miliardi di dollari.

La BRI e la Cina

La Belt and Road Initiative (BRI), conosciuta anche come la Nuova Via della Seta, è uno dei progetti di politica estera e sviluppo più ambiziosi della Cina, lanciato nel 2013 dal presidente Xi Jinping. Il programma mira a promuovere la cooperazione economica tra Asia, Europa e Africa attraverso infrastrutture e collegamenti commerciali. Il progetto prende il nome dalla storica “Via della Seta”, un antico percorso commerciale che collegava la Cina al Mediterraneo e che ora viene rivisitato in chiave moderna, combinando un insieme di rotte ferroviarie, stradali e marittime.

Nel mese di marzo 2019, l’Italia è stata il primo paese del G7 a firmare un memorandum of understanding che sanciva l’ingresso del paese nella BRI, con l’obiettivo di promuovere investimenti in infrastrutture e migliorare i legami commerciali con Pechino. In seguito a diversi scetticismi e cambi di governo, nel 2023 è tornata in auge la possibilità da parte dell’Italia di ritirarsi dalla BRI: questo diventa un tema di dibattito, specialmente in un contesto geopolitico in cui la crescente influenza della Cina in Europa e nel Mediterraneo inizia a sollevare preoccupazioni riguardo alla sicurezza nazionale. I timori che vengono sollevati sono relativi al debito e alla crescente dipendenza economica del paese da Pechino, il tutto alimentato dalle pressioni di altri stati europei e degli Stati Uniti che temevano l’influenza cinese.

Belt and Road Initiative: in blu la "Maritime Silk Road" che attraversa il Canale di Suez
Fonte immagine: https://www.merics.org/en/merics-analysis/infographicchina-mapping/china-mapping/

 

Evoluzione politica

Inizialmente, il governo di Giuseppe Conte (2018-2021), coalizione tra Lega e Movimento 5 Stelle, adotta una politica estera di apertura nei confronti della Cina, traendo vantaggio dalla collaborazione economica e commerciale. Successivamente, il governo di Mario Draghi (2021-2022) adotta una posizione più cauta nei confronti della Cina: sebbene Draghi non abbia ritirato formalmente l’Italia dalla BRI, ha sottolineato come fosse necessario mantenere un dialogo con Pechino, senza compromettere le relazioni italiane all’interno dell’UE e con gli USA. Infine, con l’arrivo del governo di Giorgia Meloni (dal 2022), la Belt and Road Initiative torna al centro del dibattito e vengono sollevate serie preoccupazioni relative alla sicurezza nazionale.

Dibattito sulla sicurezza nazionale e il “Golden Power”

In seguito alle preoccupazioni del governo, soprattutto in merito a timori riguardo alla dipendenza economica, l’Italia adotta il “Golden Power”, un meccanismo complesso che consente al governo di bloccare o modificare acquisizione estere in settori ritenuti strategici.

Se da un lato l’Italia, pur avendo una posizione centrale nel Mediterraneo, ha manifestato incertezze circa la collaborazione con la Cina a causa di preoccupazioni geopolitiche e di sicurezza, dall’altro lato, l’Egitto ha consolidato il suo snodo cruciale tra Asia, Africa ed Europa.

Per comprendere il perché l’Egitto rappresenta per la Cina una piattaforma strategica, basta soffermarsi su tre implicazioni principali:

  1. La possibilità di accesso ai mercati africani ed europei
  2. Il consolidamento dell’influenza economica e politica cinese nella regione
  3. La riduzione dei costi logistici e l’aumento dell’efficienza delle proprie rotte commerciali globali

La quarta implicazione nascosta: il ruolo geopolitico dell’Egitto

In un contesto regionale caratterizzato da un’instabilità politica completa, l’Egitto si distingue per la sua governance relativamente stabile. Questo fattore è molto importante per attrarre investimenti esteri. La leadership del presidente Abdel Fattah al-Sisi ha perseguito una politica di sviluppo mantenendo allo stesso tempo buoni rapporti diplomatici con potenze globali come gli Stati Uniti, la Cina e l’Unione Europea. L’Egitto beneficia di numerosi accordi commerciali, tra cui l’African Continental Free Trade Area (AfCFTA), che facilita il commercio intra-africano e gli accordi di libero scambio con l’UE, che consentono l’accesso al mercato europeo senza dazi.

Investimenti cinesi in Egitto

Investimenti cinesi in Egitto dal 2006 al 2024
Fonte immagine: Boston University – Global Development Center

Perché investire in paesi gate?

Investire nei Paesi Gate significa, innanzitutto, accedere ad una posizione privilegiata in un modo sempre più interconnesso: la globalizzazione richiede alle aziende di innovarsi e adottare delle strategie che vanno oltre il semplice ampliamento di mercato.

I Paesi Gate fanno da veri e propri ponti tra regioni economiche completamente diverse tra loro e offrono alle multinazionali la possibilità di consolidare la propria presenza in mercati strategici, combinandola anche alla possibilità di espandersi in contesti geopolitici cruciali. L’Egitto, con la sua posizione tra Africa, Asia ed Europa, è l’esempio lampante di come un Paese Gate non solo possa attrarre investimenti ma diventare centro delle rotte commerciali più importanti nel mondo.

Ma perché questa scelta risulta vantaggiosa per gli investitori?

L’accesso diretto a mercati chiave rappresenta un’opportunità irripetibile. Infrastrutture moderne, zone economiche speciali e politiche fiscali favorevoli: questi fattori rendono l’Egitto un hub commerciale globale di importanza cruciale, facilitando l’ingresso degli investitori esteri e offrendo loro vantaggi competitivi significativi.

Questi fattori rendono l’Egitto un hub commerciale globale di importanza cruciale

Investire in un Paese Gate significa posizionarsi all’interno di una rete di relazioni geopolitiche favorevoli, fondamentali nella cooperazione internazionale. In un contesto in cui le sfide globali sono complesse e in continuo cambiamento, i Paesi Gate sono una risorsa molto preziosa per tutte quelle aziende che non solo vogliono crescere, ma vogliono farlo in modo strategico e pensando al lungo termine.

Questo post è stato redatto da Giorgio Piccirilli, studente del corso di laurea magistrale in Scienze Internazionali – China and Global Studies – presso l’Università di Torino, nell’ambito di uno stage presso il Centro Studi dell’Unione Industriali Torino. Ecco come si presenta:

Sono Giorgio Piccirilli, prossimo alla laurea magistrale in Scienze Internazionali – China and Global Studies all’Università di Torino. Dopo la laurea triennale in Mediazione Linguistica con studio della lingua cinese all’Università di Macerata, mi sono focalizzato sull’ambito economico, politico e di management, con un focus sulla Cina e sull’Asia.

Il tirocinio presso l’Unione Industriali mi ha permesso di comprendere il lavoro dietro il supporto alle aziende del territorio e mi ha dato la possibilità di immergermi nello studio di scenari geopolitici che influenzano continuamente le opportunità per le imprese.

In futuro parteciperò al programma CMBP – China Management & Business Program, che mi permetterà di acquisire competenze avanzate nella gestione interculturale e nel business con il mercato cinese direttamente in loco, presso la Zhejiang University International Business School (ZIBS). Le mie aspirazioni lavorative includono principalmente il mondo della consulenza strategica che mi permetterebbe di sviluppare degli approcci efficaci al sostegno di imprese che desiderano crescere e adattarsi a diversi contesti globali, come quello cinese.

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