Negli ultimi anni sta diventando sempre più comune l’uso dell’espressione soft power. Si tratta di una nuova e più attraente forma di potere. Gli stati la usano per cercare di modellare le preferenze degli altri stati e spingerli a fare ciò che vogliono loro. Riescono ad ottenerlo attraverso la cultura, l’intrattenimento e lo sport. Queste sono forme di potere decisamente più docili rispetto a quella canonica militare. In questo modo gli altri stati sono più curiosi e hanno più voglia di seguirli. Gli Stati Uniti, grazie al loro sistema di valori universalmente accettati, hanno esercitato il soft power per primi. Infatti, il famoso “american dream” si è diffuso in tutto il mondo e tutti volevano esserne parte. Anche la Cina, dopo aver ottenuto un ruolo importante su scena mondiale, ha cercato di esercitare questo potere. Tuttavia, la sua politica autoritaria ha spesso rappresentato un limite.
CHE COSA E’ IL SOFT POWER
La capacità di uno stato di influenzarne un altro
Soft Power è un termine usato in ambito geopolitico per indicare la capacità di uno Stato di esercitare una certa influenza grazie all’uso di strumenti immateriali, quali la cultura, l’intrattenimento e lo sport. Investire sul soft power per un determinato governo, vuol dire puntare sulla propria reputazione e sulla propria immagine all’estero. Il professore statunitense Joseph Nye ha coniato per primo il termine soft power sul finire degli anni ’80 . Quest’ultimo, all’interno del saggio The Mean to Success in World Politics, ha parlato di soft power come della capacità di un governo di avere successo in ambito internazionale tramite l’uso di strumenti immateriali. Una modalità quindi contrapposta all’utilizzo della forza politica, economica e bellica.
Persuasione invece che coercizione
Secondo Nye, il potere di uno Stato consiste soprattutto nella sua capacità di persuadere gli altri a fare ciò che vuole senza forza o coercizione. Nel saggio, il soft power è inteso anche come “la capacità di plasmare i propri atteggiamenti e preferenze a lungo termine con l’aiuto delle sue società, fondazioni, università, chiese e altre istituzioni della società civile”. Un Paese deve essere quindi in grado, seguendo la strategia del soft power, di diffondere la propria cultura, i propri ideali e i propri valori. Per ribadire il concetto di soft power, Joseph Nye è ritornato sull’argomento alla vigilia della seconda guerra del Golfo del 2003. Ha criticato la scelta voluta dall’amministrazione Usa di usare unilateralmente la forza coercitiva nella guerra al terrorismo. Secondo Nye, avviare un’operazione contro l’Iraq di Saddam Hussein dal dubbio valore legale, avrebbe compromesso la reputazione statunitense e dunque l’immagine complessiva del Paese all’estero.
Reputazione e credibilità
Da qui è possibile vedere nel concetto di soft power la centralità di temi quali reputazione e credibilità. Un governo cioè, nel valutare le sue mosse in politica estera, non può prescindere dall’impatto che esse potrebbero suscitare sull’immagine nel contesto internazionale. Il soft power non comprende quindi una mera azione di propaganda. Nella complessità del mondo attuale, attuare un piano di soft power vuol dire rendere credibile la propria immagine e provare ad esercitare una propria influenza.
IN CHE CONTESTO SI FORMA
Espressioni di potere più populiste sostituiscono le espressioni tradizionali di potere e il soft power diventa sempre più parte della politica globale
Quando il mondo è entrato nel ventesimo secolo, espressioni di potere più populiste hanno soppiantato le tradizionali espressioni di potere in termini di acquisizione di terre e risorse con la forza. Dopo due guerre mondiali, questa nuova forma di potere è diventata un elemento sempre più importante, parte della politica globale.
La fine del dualismo americano-sovietico che caratterizzava la guerra fredda ha aperto la strada a un equilibrio di potere completamente nuovo e a un nuovo modo di esercitare quel potere. In questa svolta storica si entra in contatto per la prima volta con il “potere dolce”.
Tradizionalmente, la prova di una grande potenza era la sua forza in guerra. Oggi, tuttavia, la definizione di potere sta perdendo la sua enfasi sulla forza militare e sulla conquista che hanno segnato epoche precedenti. I fattori della tecnologia, dell’istruzione e della crescita economica stanno diventando più significativi nel potere internazionale. La geografia, la popolazione e le materie prime stanno diventando un po’ meno importanti.
CHI E’ STATO IL PRIMO ATTORE
La guerra ha rafforzato gli Stati Uniti
A differenza delle altre grandi potenze la guerra ha rafforzato gli Stati Uniti. Il fatto importante è che la quota dell’economia statunitense sul prodotto globale è stata relativamente costante nel decennio e mezzo dopo la guerra. Il Council on Competitiveness rileva che la quota statunitense del prodotto mondiale è stata in media del 23% ogni anno dalla metà degli anni ’70. La CIA riferisce che la quota americana del prodotto mondiale è leggermente aumentata dal 25% nel 1975 al 26% nel 1988. Il XXI secolo potrebbe vedere continuare la preminenza americana. Tuttavia, è probabile che le fonti di potere nella politica mondiale subiscano grandi cambiamenti che creeranno difficoltà per i paesi nel raggiungere i loro obiettivi.
La prova del potere non nelle risorse ma nella capacità di cambiare il comportamento degli stati
La prova del potere non sta nelle risorse ma nella capacità di cambiare il comportamento degli stati. Pertanto, la questione cruciale per gli Stati Uniti non è se saranno la superpotenza con la più grande offerta di risorse, ma fino a che punto saranno in grado di controllare l’ambiente politico e convincere altri paesi a fare ciò che vogliono.
L’uso della forza è diventato più costoso
La forza militare rimane l’ultima forma di potere in un sistema di auto-aiuto. L’uso della forza è diventato più costoso per le grandi potenze moderne di quanto lo fosse nei secoli precedenti. Altri strumenti come la comunicazione, le capacità organizzative e istituzionali, la manipolazione dell’interdipendenza sono diventati importanti.
Il ruolo protettivo della forza militare è una risorsa rilevante nella contrattazione tra stati
Più che mai, ci si deve porre la domanda: “Potere per cosa?”. Tuttavia, poiché la politica mondiale è cambiata solo in parte e l’agenda geopolitica tradizionale è ancora rilevante, rimane una certa fungibilità del potere militare. Il ruolo protettivo della forza militare è una risorsa rilevante nella contrattazione tra stati. La dipendenza degli stati conservatori produttori di petrolio dagli Stati Uniti per la loro sicurezza, ad esempio, ha limitato la loro influenza durante la crisi petrolifera del 1973. Gli Stati Uniti sono ancora il garante ultimo della sicurezza militare dell’Europa e del Giappone. Questo ruolo è una fonte di potere contrattuale nei negoziati con i suoi alleati. In generale, il bisogno di protezione degli alleati rafforza l’influenza americana.
Nuove forme di comunicazione e trasporto hanno avuto un effetto rivoluzionario sull’interdipendenza economica. I costi in calo dei trasporti e delle comunicazioni hanno rivoluzionato i mercati globali e accelerato lo sviluppo di società transnazionali che trasferiscono l’attività economica oltre confine. Il commercio mondiale è cresciuto più rapidamente del PIL mondiale, diventando più importante in tutte le principali economie. Il commercio ha più che raddoppiato il suo ruolo nell’economia statunitense negli ultimi due decenni.
Come incidono gli attori transnazionali sugli interessi
Oltre a limitare il modo in cui gli stati perseguono i propri interessi nazionali, gli attori transnazionali influenzano il modo in cui tali interessi sono inizialmente definiti. Gli investimenti transnazionali creano nuovi interessi e complicano le coalizioni nella politica mondiale. Ad esempio, i funzionari americani hanno spinto gli europei ad aprire il loro mercato alle automobili giapponesi prodotte negli Stati Uniti. In altre parole, gli investimenti transnazionali hanno accelerato un interesse americano.
Un modo più attraente di esercitare il potere rispetto ai mezzi tradizionali
Le tendenze descritte fin ora suggeriscono un modo più attraente di esercitare il potere rispetto ai mezzi tradizionali. Uno stato può ottenere i risultati che preferisce nella politica mondiale perché altri stati vogliono seguirlo o hanno concordato una situazione che produce tali effetti.
Il potere che si verifica quando un paese fa sì che altri paesi vogliano ciò che vuole si chiama potere cooperativo o soft power
Questo tipo di potere – che si verifica quando un paese fa sì che altri paesi vogliano ciò che vuole – potrebbe essere chiamato potere cooperativo o soft power . Questo è in contrasto con il potere duro o di comando di ordinare agli altri di fare ciò che vuole.
Il potere cooperativo è importante tanto quanto il potere coercitivo. Se uno stato può far sembrare legittimo il suo potere agli occhi degli altri, incontrerà meno resistenza ai suoi desideri. Quando la sua cultura e la sua ideologia sono attraenti, gli altri lo seguiranno più volentieri. Se può sostenere le istituzioni che fanno desiderare ad altri paesi di incanalare o limitare le loro attività nei modi preferiti dallo stato dominante, può evitare il costoso esercizio del potere coercitivo.
I genitori di adolescenti sanno da tempo che se hanno modellato le convinzioni e le preferenze dei propri figli, il loro potere sarà maggiore e più duraturo. Allo stesso modo, i leader politici e i filosofi hanno compreso da tempo il potere delle idee attraenti o la capacità di stabilire l’agenda politica e determinare la struttura del dibattito in un modo che plasma le preferenze degli altri.
Le tendenze moderne e i cambiamenti nelle questioni politiche stanno avendo effetti significativi sulla natura del potere e sulle risorse che lo producono
In generale, il potere sta diventando meno trasferibile, meno coercitivo e meno tangibile. Le tendenze moderne e i cambiamenti nelle questioni politiche stanno avendo effetti significativi sulla natura del potere e sulle risorse che lo producono. La capacità di influenzare ciò che vogliono gli altri paesi tende ad essere associata a risorse di potere intangibili come la cultura, l’ideologia e le istituzioni. Il potere cooperativo e le risorse del soft power – attrazione culturale, ideologia e istituzioni internazionali – non sono una novità. All’inizio del dopoguerra, l’Unione Sovietica trasse grandi profitti da risorse soft come l’ideologia comunista, il mito dell’inevitabilità e le istituzioni comuniste transnazionali.
L’interdipendenza può essere molto costosa
L’interdipendenza tra i paesi ha costi anche per i paesi che intendono servirsi del soft power per manipolare gli altri stati. L’interdipendenza economica di solito comporta vantaggi in entrambe le direzioni e le minacce di interrompere una relazione, se attuate, possono essere molto costose. Ad esempio, il Giappone potrebbe desiderare che gli Stati Uniti riducano il proprio deficit di bilancio, ma la minaccia di rifiutarsi di acquistare buoni del Tesoro americani potrebbe sconvolgere i mercati finanziari e produrre costi enormi sia per il Giappone che per gli Stati Uniti. Poiché l’uso della forza è diventato più costoso, forme di potere meno minacciose sono diventate sempre più attraenti.
Gli Stati Uniti hanno più potere cooperativo di altri paesi
Il soft power tende a scaturire da risorse come l’attrazione culturale e ideologica, così come le regole e le istituzioni dei regimi internazionali. Gli Stati Uniti hanno più potere cooperativo di altri paesi. Le istituzioni che governano l’economia internazionale, come il Fondo monetario internazionale e l’Accordo generale sulle tariffe doganali e sul commercio, tendono a incarnare principi liberali e di libero mercato che coincidono in larga misura con la società e l’ideologia americane.
Le multinazionali sono un’altra fonte di potere cooperativo. L’autrice britannica Susan Strange ha sostenuto nel suo libro States and Markets del 1988 che il potere degli Stati Uniti nell’economia mondiale è aumentato a causa della produzione transnazionale. Washington potrebbe aver perso parte della sua autorità sulle multinazionali con sede negli Stati Uniti, ma i loro manager hanno ancora passaporti statunitensi. Nel frattempo, il governo degli Stati Uniti ha acquisito una nuova autorità su un gran numero di società straniere all’interno degli Stati Uniti. Tutti loro sono profondamente consapevoli che il mercato statunitense è il premio più grande. Questo potere deriva in parte dal fatto che il 34% delle più grandi multinazionali ha sede negli Stati Uniti (rispetto al 18% in Giappone) e in parte dall’importanza del mercato americano in qualsiasi strategia aziendale globale.
La cultura americana è una risorsa di soft power poco costosa
La cultura americana è un’altra risorsa di soft power relativamente poco costosa e utile. Ovviamente, alcuni aspetti della cultura americana non sono attraenti per altre persone e c’è sempre il pericolo di pregiudizi nella valutazione delle fonti culturali di potere. Ma la cultura popolare americana, incarnata nei prodotti e nelle comunicazioni, ha un fascino diffuso. I giovani giapponesi, che non sono mai stati negli Stati Uniti, indossano giacche sportive con i nomi dei college americani. La televisione nicaraguense trasmetteva spettacoli americani anche mentre il governo combatteva i guerriglieri sostenuti dagli americani. Allo stesso modo, gli adolescenti sovietici indossano blue jeans e cercano registrazioni americane, e gli studenti cinesi hanno usato un simbolo modellato sulla Statua della Libertà durante le rivolte del 1989. Nonostante le proteste del governo cinese contro l’interferenza degli Stati Uniti, i cittadini cinesi avevano più interesse che mai nei confronti democrazia e alla cultura americane.
Un paese che si trova a cavallo di canali di comunicazione popolari ha più opportunità di far passare i suoi messaggi e di influenzare le preferenze degli altri
Certo, c’è un elemento di banalità e di moda nel comportamento popolare, ma è anche vero che un paese che si trova a cavallo di canali di comunicazione popolari ha più opportunità di far passare i suoi messaggi e di influenzare le preferenze degli altri. Secondo studi precedenti dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’educazione, la scienza e la cultura, gli Stati Uniti hanno esportato circa sette volte più programmi televisivi del secondo maggiore esportatore (la Gran Bretagna) e hanno avuto l’unica rete globale per la distribuzione di film. Sebbene i film americani rappresentino solo il 6-7% di tutti i film realizzati, occupano circa il 50% del tempo sullo schermo mondiale. Nel 1981, gli Stati Uniti erano responsabili dell’80% della trasmissione e dell’elaborazione mondiale dei dati. La lingua americana è diventata la lingua franca dell’economia globale.
L’apertura della cultura americana e i valori americani sono una fonte di forza
L’apertura della cultura americana a varie etnie e i valori americani della democrazia e dei diritti umani esercitano un’influenza internazionale. Anche i paesi dell’Europa occidentale traggono il soft power dalle loro istituzioni democratiche, ma la relativa apertura dell’America agli immigrati, rispetto al Giappone e all’Europa, è un’ulteriore fonte di forza. Come ha osservato lo studioso europeo Ralf Dahrendorf, è “importante che milioni di persone in tutto il mondo desiderino vivere negli Stati Uniti e che effettivamente le persone siano disposte a rischiare la vita pur di arrivarci”.
FORME DI SOFT POWER
Il soft power nello sport
Un ambito dove l’uso del soft power salta subito all’occhio, è indubbiamente quello sportivo. L’organizzazione di grandi eventi, capaci di richiamare un pubblico di dimensioni planetarie, è considerato uno dei primi passi da attuare per pubblicizzare all’estero la propria reputazione. Un esempio è dato dalle Olimpiadi di Pechino del 2008. La Cina, ancora non definitivamente “accolta” nel novero delle potenze, ha investito molto sulla buona riuscita dell’organizzazione dei giochi olimpici per imporsi definitivamente come uno dei paesi di maggior influenza nel contesto internazionale.
Il soft power nell’intrattenimento
Lo sport è soltanto uno dei tanti esempi riguardanti il soft power. Sono numerosi gli ambiti che in tal senso è possibile osservare. Si pensi, ad esempio, al mondo dell’intrattenimento e, in particolare, della musica. Negli Usa l’industria dello spettacolo ha contribuito ad esportare nel mondo il modello americano. Questo è vero anche per altri paesi: in Corea del Sud, governo e multinazionali locali hanno investito nella musica: il fenomeno del genere “K-Pop”, diffusosi soprattutto dagli anni 2000 in poi, è stato importante per lanciare l’immagine del Paese asiatico nel mondo.
SOFT POWER CINESE
L’enfasi sull’ascesa pacifica ha reso il soft power un’opzione attraente per la Cina
Il rapido sviluppo economico della Cina dopo l’era delle riforme e l’apertura al commercio ha spinto il paese sulla scena mondiale e lo ha costretto ad una serie di cambiamenti. La sua posizione militare, relativamente debole, e l’enfasi posta sull’ascesa pacifica hanno reso il soft power un’opzione attraente per la Cina, che fa leva sulle sue risorse culturali ed economiche con programmi come la rete di Istituti Confucio nel mondo e la Belt and Road Initiative (Bri). Esempi di soft power includono l’attrazione verso valori normativi, media, pratiche commerciali, istruzione e lingua. Se tutti questi elementi sono presenti nell’esercizio del soft power da parte delle medie e grandi potenze, nel caso della Cina il suo sistema unico di valori, lingua e cultura rende più difficile una loro “esportazione” largamente diffusa.
Di recente il governo ha cercato di vendere il paese stesso come un marchio
Per molti anni, gli acquirenti di tutto il mondo sono stati abituati all’onnipresenza della Cina: “Made in China” è stata a lungo l’etichetta più comune sui prodotti acquistati. Più di recente, tuttavia, il governo cinese ha cercato di vendere il paese stesso come un marchio, capace di attrarre persone da altri paesi come fa l’America con la sua cultura, i suoi prodotti e i suoi valori. Un decennio fa il Partito Comunista dichiarò un nuovo obiettivo: costruire il soft power, come complemento alla sua forza economica e militare in rapida crescita. Secondo David Shambaugh, della George Washington University, il Partito Spende circa 10 miliardi di dollari all’anno per il progetto. Shambaugh calcola che, invece, l’America abbia speso meno di 670 milioni di dollari per la sua diplomazia pubblica nel 2014.
LA STORIA DEL SOFT POWER CINESE
La Cina ha deciso che aveva bisogno di costruire il soft power
La Cina era profondamente consapevole di non avere soft power. Molti in Occidente erano sospettosi della sua politica autoritaria. In Asia la gente temeva l’emergere della Cina come egemone regionale. La Cina sapeva di poter usare la sua potenza economica per conquistare i governi, ad esempio costruendo strade, ferrovie e stadi per loro. Ma secondo Nye questo tipo di investimenti sono espressioni di hard power. La Cina ha quindi deciso che aveva bisogno anche di più potere soft, in modo che gli stranieri si sentissero naturalmente inclini a eseguire i suoi ordini.
Dopo diversi anni di dibattito sul soft power, l’allora presidente cinese, Hu Jintao, parlò dell’argomento nel 2007, dicendo a un congresso del partito che la Cina aveva bisogno di costruirlo. Il successore di Hu, Xi Jinping, ha intensificato gli sforzi. Nel 2013, circa un anno dopo aver assunto la guida della Cina, Xi ha convocato una riunione del Politburo al potere per discutere di soft power. I suoi membri hanno convenuto che fosse un ingrediente vitale del “sogno cinese del grande risveglio della nazione “. Xi Jinping si è fatto promotore capo di questa nuova forma di potere (aiutato nei suoi viaggi all’estero dalla presenza visibilissima della moglie elegante e sorridente). I suoi sforzi per rafforzarlo sono stati esposti al World Economic Forum di Davos a gennaio, dove ha vinto il plauso per aver esaltato la globalizzazione e chiesto l’unità nella lotta contro il cambiamento climatico.
La strategia di soft power della Cina si concentra sulla promozione della cultura che si è formata molto prima del comunismo
La strategia di soft power della Cina si concentra principalmente sulla promozione della sua cultura e sul tentativo di dare l’impressione che la sua politica estera sia, per un paese così grande, insolitamente benigna. La cultura che il partito ha scelto per il consumo straniero è principalmente quella formatasi molto prima del comunismo, quella di Confucio che viene ora presentato come un saggio con un messaggio di armonia. Dal 2004 la Cina ha istituito circa 500 “Istituti Confucio” finanziati dal governo in 140 paesi. Questi offrono corsi di lingua, ospitano compagnie di ballo e insegnano cucina cinese. Il paese ha anche istituito più di 1.000 accordi “Confucius Classroom” con scuole straniere, fornendo loro insegnanti.
La Cina spera che gli stranieri riprendano le sue usanze tradizionali
La Cina spera che gli stranieri riprendano alcune delle sue usanze tradizionali. Ad esempio, ha deciso di rendere il capodanno cinese popolare quanto il Natale. Nel 2010 il governo ha organizzato circa 100 eventi di Capodanno in paesi stranieri. Nel 2017 ne ha sponsorizzati circa 2.000 in 140 paesi per celebrare l’anno del pollo. Lanterne cinesi di colore rosso ondeggiavano nelle strade delle città a migliaia di chilometri dalla sede del festival lunare. Il Partito Comunista ha recentemente organizzato una sfilata di moda nella capitale dell’Etiopia, Addis Abeba con il qipao, un abito senza maniche che ha guadagnato popolarità tra le donne cinesi alla moda negli anni ’20.
La Cina vuole convincere il mondo che la sua ascesa è pacifica
I diplomatici cinesi si sono impegnati a cercare di convincere gli stranieri che l’ascesa della Cina non debba essere temuta. Xi suggerisce una coesistenza con l’America, senza la rivalità che ha causato le due guerre mondiali. Il suo programma “One Belt, One Road”, mira a rafforzare l’immagine della Cina come paese desideroso di utilizzare la sua nuova ricchezza per il bene del mondo.
Per aiutare a creare un’immagine del genere, la Cina ha investito massicciamente nei suoi media in lingua straniera. Xinhua, la principale agenzia di stampa del governo, ha aperto quasi 40 nuovi uffici esteri tra il 2009 e il 2011. A dicembre l’emittente statale ha rinominato il suo servizio di media internazionale, chiamandolo China Global Television Network. I suoi sei canali mirano a competere con servizi globali come BBC, CNN e Al Jazeera (Xi ha esortato la rete a “raccontare bene la storia della Cina, diffondere la voce della Cina” e “mostrare il ruolo della Cina come costruttore della pace mondiale”). China Daily, il principale portavoce in lingua inglese del governo, paga per gli inserti in giornali come il Washington Post e il Wall Street Journal.
Il governo sta cercando di estendere la sua portata anche online e vuole far arrivare il suo messaggio all’America
Il governo sta cercando di estendere la sua portata anche online. L’anno scorso un gruppo di media affiliato al governo ha speso 30 milioni di yuan (4,35 milioni di dollari) per lanciare un sito web gratuito in lingua inglese chiamato Sixth Tone. Con la benedizione del partito, anche le aziende private sono coinvolte. Nel 2015 Alibaba, la più grande azienda di e-commerce cinese, ha pagato 260 milioni di dollari per il South China Morning Post, il principale quotidiano in lingua inglese di Hong Kong che offre servizi incisivi e spesso critici sulla politica cinese. L’uomo più ricco della Cina, Wang Jianlin, sta cercando di acquistare studi cinematografici e società di produzione a Hollywood, l’epicentro della cultura americana. La Cina vuole che il suo messaggio sia chiaramente visibile nel cuore della cultura capitalista americana. Ha iniziato a farsi pubblicità a Times Square nel 2011.
I LIMITI DEL SOFT POWER CINESE
La Cina negli anni ha quindi investito molto per sviluppare il soft power ed essere sempre più presente sulla scena internazionale. Tuttavia, essendo un paese autoritario, il suo soft power presenta dei limiti. Questi sono evidenti soprattutto nel momento in cui si fa un paragone con il soft power “tradizionale” dei paesi occidentali.
Il soft power americano è una conseguenza della sua società civile invece il partito cinese diffida della società civile
Quando Nye ha parlato di soft power, ha sottolineato che i governi potrebbero non riuscire a costruirlo. Ha aggiunto che l’America e il suo soft power sono una conseguenza della sua società civile (università, fondazioni a Hollywood e cultura pop). Il partito cinese, invece, diffida della società civile. Lo stato guida quasi interamente il suo edificio di soft-power. La Cina ha cercato di combinare elementi di soft power con l’hard power della sua politica illiberale. Lungi dal migliorare l’immagine globale della Cina, questo approccio è spesso servito a indebolirla.
Gli istituti Confucio descritti come parte importante della propaganda cinese all’estero
Nel 2007 un alto dirigente del partito ha descritto gli Istituti Confucio come “una parte importante dell’organizzazione della propaganda cinese all’estero”.
Gli Istituti Confucio di solito trattano argomenti politici delicati come la repressione delle proteste a favore della democrazia nel 1989. Nel 2013 la McMaster University in Canada ha interrotto i legami con il suo Istituto Confucio nel campus. Questo dopo che a uno dei dipendenti dell’istituto è stato proibito di seguire il Falun Gong, una setta spirituale vietata in Cina. In una conferenza europea di studi cinesi nel 2014, il capo cinese degli Istituti Confucio in tutto il mondo ha ordinato di eliminare da ogni programma pagine che si riferivano a una fondazione educativa taiwanese. Tali tentativi di censura contribuiscono solo a rafforzare i dubbi occidentali sulla politica cinese e a minare il suo soft power.
Gli stranieri riescono a vedere la mano pesante dello stato cinese attraverso i suoi media globali
Anche gli sforzi della Cina per utilizzare i suoi media globali per dipingere un’immagine più rosea del paese devono affrontare una dura sfida. Le sue reti televisive impiegano conduttori stranieri (e un sacco di filmati di panda) per cercare di conquistare il pubblico all’estero. Ma gli stranieri possono anche vedere la mano pesante dello stato cinese. Questo quando mobilita folle pro-Cina per mettere a tacere i manifestanti durante le visite dei leader cinesi. Anche quando costringe i politici stranieri a non lamentarsi della situazione dei diritti umani in Cina. L’anno scorso Xinhua ha utilizzato il suo cartellone pubblicitario per trasmettere un video 120 volte al giorno per due settimane in difesa delle ambizioni territoriali della Cina sulle rocce contese nel Mar Cinese Meridionale.
A volte il partito usa mezzi segreti per influenzare l’opinione straniera
A volte il partito usa mezzi segreti per influenzare l’opinione straniera. Nel 2015 un’indagine di Reuters, un’agenzia di stampa, ha rivelato che un emittente statale cinese, China Radio International, controllava almeno 33 stazioni radio in 14 paesi. Per farlo utilizzava società di copertura per mascherare i suoi legami con loro. Reuters ha affermato che le stazioni hanno evitato di mandare in onda qualsiasi cosa che potesse ritrarre la Cina in una luce negativa.
Molti paesi non sono convinti del messaggio di pace della Cina
Per quanto riguarda il messaggio di pace della Cina ad altri paesi, molti paesi in Asia sono tutt’altro che convinti. Le sue pretese per il territorio nei mari della Cina orientale e meridionale hanno alimentato un diffuso risentimento. La rapida espansione della sua marina e dell’aeronautica e il suo accumulo di missili hanno seminato ansia anche in America. Il denaro non ha comprato alla Cina niente di simile all’amore che vorrebbe.
Un anno prima che Xi prendesse il potere, poco più della metà degli americani aveva un’impressione positiva della Cina, secondo il Pew Research Center. Alla fine del 2016 tale quota era scesa al 38%. Pew ha riscontrato una tendenza simile in altri paesi. In 14 nazioni su 19 intervistate tra il 2011 e il 2013, le opinioni sulla Cina sono diventate meno amichevoli.
L’inquinamento atmosferico della Cina mina il suo soft power
I costi sociali e ambientali del rapido sviluppo cinese hanno prodotto molte critiche. Un paese può avere anche soft power e smog (l’America ne ha avuti in abbondanza entrambi in gran parte della sua storia recente). Ma l’inquinamento atmosferico della Cina mina il suo soft power: è ampiamente visto come prova di un governo insensibile che si preoccupa più di rendere il paese più ricco della salute della sua gente o del pianeta. Molti stranieri ora associano il paese allo smog, un motivo importante per cui il 37% in meno di turisti internazionali ha visitato la Cina nel 2015 rispetto al 2007.
Per alcune persone il partito stesso è il più grande ostacolo allo sviluppo del soft power
Alcune persone in Cina si lamentano privatamente che il partito stesso, con la sua intolleranza al dissenso, sia il più grande ostacolo allo sviluppo del soft power del paese. Da quando è entrato in carica, gli sforzi incessanti di Xi per reprimere la società civile non sono stati di grande aiuto. Ha anche cercato di rafforzare il controllo del partito sulle arti: nel 2014 ha affermato che dovrebbero promuovere il socialismo piuttosto che essere “schiave del mercato”. È improbabile che ciò aiuti la Cina a emulare il successo degli spettacoli televisivi americani, che proiettano una visione attraente della cultura americana nei salotti delle persone di tutto il mondo.
Kung Fu Panda ha fatto di più per aumentare il soft power della Cina di qualsiasi film realizzato dal paese stesso
Poche persone al di fuori della Cina vogliono guardare i programmi cinesi, che spesso sono propaganda sottilmente camuffata. Il successo del film cinese di maggior successo a livello mondiale, “La tigre e il dragone” non si è ripetuto dalla sua uscita nel 2000. “Kung Fu Panda”, una serie di film d’animazione di produzione americana, ha forse ha fatto di più per aumentare il soft power della Cina di qualsiasi film realizzato dal paese stesso. Non c’è da stupirsi che la Cina abbia voluto entrare in una coproduzione per il terzo della serie.
Quando Xi è diventato il primo presidente cinese a parlare all’élite globale a Davos, solo pochi giorni prima dell’insediamento di Trump, sembrava percepire l’opportunità di crogiolarsi in un raro splendore. Ma è probabile che la ripresa del soft power cinese sia limitata. Gli stessi funzionari cinesi si chiedono tranquillamente se la strategia cinese potrà mai avere successo. Nel 2015 un alto funzionario, Zhou Hong, si è chiesto ad alta voce cosa potesse ottenere il soft power sponsorizzato dallo stato. “Senza l’ampia partecipazione del popolo”, ha scritto nel principale portavoce del partito, il Quotidiano del popolo, “la propagazione esterna della cultura non solo perde il suo significato, ma perde anche la sua energia intrinseca”. La Cina troverà difficile farsi degli amici e influenzare le nazioni fintanto che metterà la museruola ai suoi migliori sostenitori.
IL SOFT POWER E’ UNA FORMA DI DIPLOMAZIA
Il soft power permette agli stati di raggiungere i loro obbiettivi senza l’utilizzo della forza ma tramite strumenti immateriali che suscitano interesse e attrazione. Esso è una forma con cui si esercita la diplomazia. Secondo lo studioso britannico Berridge lo scopo principale della diplomazia è di assicurare a uno stato la riuscita dei propri obiettivi di politica estera, senza dover ricorrere alla forza, alla propaganda o alla legge. La definizione di diplomazia appare in linea con quella di soft power. Per capire come la Cina ha esercitato il soft power negli anni è dunque utile osservare gli strumenti della diplomazia pubblica cinese.
I principali strumenti della diplomazia pubblica cinese
A fianco della diplomazia tradizionale, le cui attività trovano oggi nei media un eco molto maggiore che in passato, la letteratura occidentale identifica i principali strumenti della diplomazia pubblica cinese nei seguenti elementi:
- La diplomazia culturale, ovvero l’uso di strumenti, come l’Anno della cultura cinese, l’invio di artisti all’estero, la diffusione degli Istituti Confucio, la promozione di programmi di scambi studenteschi e governativi, per aumentare influenza e attrattività dell’antica cultura e del sistema di valori tradizionali cinesi.
- La diplomazia economica, che si basa sull’innegabile successo cinese in termini di potere economico e commerciale, per coltivare l’impatto positivo del Beijing consensus nei paesi in via di sviluppo e che produce importanti legami d’affari con l’estero.
- Gli aiuti allo sviluppo, ovvero l’uso politicamente consapevole degli investimenti all’estero e degli aiuti umanitari specie nelle regioni meno sviluppate, anche sotto forma di formazione professionale.
- L’ospitalità a conferenze internazionali e lo sviluppo di un sistema di pubbliche relazioni correlato.
- La maggiore interazione con i media stranieri.
- La ricerca di una leader diplomacy con caratteristiche cinesi (中国特色的首脑 外交) e l’accorciamento delle distanze tra gli esponenti del governo e la gente comune.
I PROGRESSI DEL SOFT POWER CINESE
La Cina vuole avere una mente più aperta e più inclusiva
Il presidente Xi Jinping ha affermato che la Cina è desiderosa di rafforzare il dialogo, lo scambio di opinioni con il resto del mondo e ascoltare le voci di altri paesi con una mente più aperta e più inclusiva. Inoltre, spera che il mondo vedrà la Cina in una luce oggettiva, storica e multidimensionale. Il presidente Xi ha sottolineato la necessità di aumentare il soft power della Cina fornendo la buona narrativa cinese. Promuovendo tali strategie, la realtà cinese cerca di sfruttare la sua ricca storia fornendo resoconti della sua etica culturale. Pechino è pronta ad assumersi le responsabilità più significative che erano state finora il dominio degli Stati Uniti e dei paesi occidentali. Pechino fa un riferimento indiretto agli Stati Uniti, sottolineando che i suoi sforzi non sono benevoli ed inclusivi. Questo perché molti paesi più piccoli non potrebbero ottenere abbastanza prosperità con il loro approccio unilaterale.
L’approccio del presidente Xi Jinping è stato apprezzato dalla comunità internazionale
Il discorso, del presidente cinese Xi Jinping, in occasione del Forum economico mondiale nel gennaio 2017 a Davos è stato ampiamente riconosciuto. A differenza del presidente Trump, la comunità internazionale ha apprezzato l’approccio del presidente Xi Jinping alle questioni globali. Le sue opinioni sulla globalizzazione economica in modo positivo hanno fornito un modo alternativo per affrontarne gli impatti negativi piuttosto che incolpare il fenomeno stesso. Ha suggerito che dovremmo adattarci e guidare la globalizzazione economica, attutire il suo impatto negativo e fornire i suoi benefici a tutti i paesi e tutte le nazioni. Ha anche affermato che tutti gli stati devono focalizzare le proprie attenzioni sullo sviluppo a patto che vengano garantiti il libero scambio, gli investimenti globali, la liberalizzazione, la facilitazione del commercio e degli investimenti attraverso l’apertura e il rifiuto al protezionismo.
Anche il programma cinese per alleviare la povertà è stato apprezzato
Anche il programma cinese per alleviare la povertà è ampiamente apprezzato in quanto ha sollevato oltre 700 milioni di persone dalla povertà . Il tutto può essere considerato una vittoria storica contro questo fenomeno. Pechino enfatizza le immense prospettive potenziali del soft power cinese affinché siano emulate da molti paesi in via di sviluppo che stanno affrontando il maggior peso della povertà. L’obiettivo del presidente cinese è quello di fornire un modello di soft power affinché la Cina non solo emerga come leader dei paesi del terzo mondo, ma diventi anche un attore importante nel processo decisionale globale fornendo un ordine globale giusto.
CONCLUSIONI
Col tempo la definizione di potere sta costantemente perdendo la sua accezione militare a vantaggio di una visione più improntata sul soft power, sulla tecnologia, sulla formazione e sulla crescita economica che stanno diventando dei fattori chiave nello scenario internazionale.
La forza di una nazione nel portare gli altri verso di sé risiede sempre di più nel grado di sviluppo delle sue istituzioni e sul suo stato di diritto. Mostrando all’esterno quale sia il livello delle forze interne uno Stato può aumentare la propria influenza e legittimare un ruolo da attore protagonista nella scena internazionale.
Per la costruzione del proprio soft power diventano importanti anche le norme socialmente accettate e le virtù in cui una nazione crede, volte a creare una sorta di banca di valori in grado di influenzare la politica estera degli altri stati. Ciò accade perché le nazioni, al pari degli esseri umani, sono più propense a fidarsi di coloro che condividono credenze comuni.
La performance della Cina
La Cina ha compiuto progressi significativi nella sua strategia di soft power negli ultimi dieci anni. Tuttavia, continua a esserci disaccordo su quale sia la principale fonte del soft power cinese, come costruirlo, come promuoverlo e a che scopo usarlo. Il marxismo e il socialismo con caratteristiche cinesi sono ricevuti in modo ambiguo dal pubblico. Inoltre, misurare il soft power in termini di risultati politici è estremamente difficile quando gli obiettivi previsti o dichiarati rimangono vaghi o inesistenti. Il soft power dovrebbe continuare ad essere misurato sulla base dell’attrazione da parte di altri paesi. Inoltre, molte politiche adottate sotto la presidenza di Xi Jinping indicano che si sta concentrando maggiormente sulla costruzione del Comprehensive National Power (CNP). Ciò diversamente dall’ex presidente Hu Jintao che ha enfatizzato maggiormente il soft power e lo sviluppo pacifico.
Lo studio di Brand Finance
Secondo Brand Finance, il maggior studio di consulenza mondiale per la valutazione dei Brand nazionali, che pubblica la più accurata e ampia ricerca sulla percezione dei paesi come brand e sulla crescita dei loro soft power, la Cina nel 2023 si posiziona al quinto posto nella classifica fatta da questo studio in quanto, nonostante la sua economia è percepita in modo sempre più positivo, lo stesso non si può dire dei valori.
Gli stati Uniti non hanno rivali come ‘brand nazione’ e, grazie all’elezione di Joe Biden, questo ruolo di guida è aumentato ancora. Gli Usa primeggiano in molti settori: come luogo per gli investimenti, nella ricerca scientifica e nella formazione, tra gli altri. Sono molto peggiorati però nel campo della sicurezza perché i problemi causati dalla grande diffusione di armi, dalle sparatorie e dalla violenza della polizia sono sempre percepiti come molto presenti.
Questo post è stato redatto da Angela Pietanza, studentessa del corso di laurea magistrale in Scienze Internazionali –China and Global Studies– presso l’Università di Torino, nell’ambito di uno stage presso l’Ufficio Studi Economici dell’Unione Industriali. Ecco come si presenta.
Mi chiamo Angela Pietanza e sono una studentessa di Scienze internazionali, specializzata nell’area China and Global Studies.
Ho conseguito un titolo di laurea triennale in scienze della mediazione linguistica dove oltre ad approfondire la conoscenza della lingua e cultura inglese, ho studiato per la prima volta la lingua e la cultura cinese che da sempre mi hanno affascinata.
Ho deciso di intraprendere questo corso di laurea magistrale per conoscere meglio i fenomeni politici ed economici della Cina data la sua recente importanza su scena internazionale.
Durante il mio stage presso l’Unione Industriali di Torino ho avuto modo di capire meglio come funzionano le realtà aziendali e il mercato del lavoro.
In futuro, mi piacerebbe lavorare in ambito aziendale essendo una export manager o una figura che possa creare una connessione tra il mercato europeo e quello cinese grazie alle conoscenze acquisite.