In questi ultimi anni la funzione finanza all’interno delle imprese ha rivestito un ruolo in chiave strategica sempre maggiore, anche se ancora molto c’è da fare.
L’impresa italiana si trova ad affrontare importanti sfide che l’innovazione e la globalizzazione dei mercati rendono più pressanti, quali innovazione di prodotto, di processo, l’apertura di nuovi mercati e la necessità di gestire l’azienda non solo nelle aree tradizionali (produzione, commerciale), ma anche in quelle che, erroneamente, venivano identificate come ausiliarie (qualità, controllo di gestione, sistemi informativi, finanza). Inoltre fattori quali margini industriali sempre più contenuti, fluttuazioni del costo del denaro, strutturale sottocapitalizzazione ( piccole e medie imprese) hanno portato gli operatori ad una maggiore attenzione nei riguardi delle tematiche sopra enunciate.
Questo si è tradotto in una crescente esigenza economico-finanziaria, che ha portato l’area finanza ad avere un ruolo sempre più strategico all’interno delle aziende. A conferma, se mai ce ne fosse ancora bisogno, che innovazione non sia sinonimo solo di tecnologia, ma che il concetto sia più ampio e faccia riferimento a numerosi ambiti aziendali, fra i quali per l’appunto la finanza: l’innovazione finanziaria che si interseca con quelli della finanza alternativa o complementare alle forme più tradizionali.
I pilastri “finanziari” a sostegno della crescita delle imprese possono essere sintetizzati in incentivi pubblici, sistema bancario e ultimo, purtroppo questa volta per importanza, la finanza alternativa al debito bancario.
Non credo sia necessario sottolineare l’estrema importanza di una corretta pianificazione degli interventi che l’azienda si propone di realizzare. Infatti succede spesso che l’impresa, impegnata quotidianamente nell’attività corrente, non riesca ad effettuare una puntuale valutazione circa i fabbisogni finanziari atti a supportare i programmi di investimento previsti.
Il rischio di trovarsi in prossimità delle scadenze senza un puntuale monitoraggio, può portare l’impresa a scelte affrettate che possono in seguito rivelarsi tra le non più opportune e/o efficaci.
Ed è qui, soprattutto quando si parla di progetti strategici, di ampio respiro e che si deve necessariamente guardare al di là del modello “bancocentrico” e realizzare che esiste un mercato, di equity e di debito, oggi molto capiente e che è alla ricerca di opportunità per investire le tante risorse accumulate, in ultime in ordine di tempo tramite i PIR (piani individuali di risparmio).
Ancora oggi il ricorso al sistema bancario rimane il principale canale di finanziamento sia dell’attività ordinaria sia dello sviluppo di progetti imprenditoriali. I dati confermano tale trend: il debito bancario è rimasto ampiamente preponderante tra le fonti, con un peso sul totale dei debiti finanziari costantemente oltre l’85%. Solo un numero ristretto di aziende, poco più del 5%, ha diversificato le proprie fonti facendo ricorso ai mercati dei capitali.
Ma le nostre imprese sono pronte a questo cambiamento?
Solo di recente alcune imprese, quelle caratterizzate da un alto potenziale di crescita, stanno sperimentando l’opportunità di utilizzare strumenti di finanza alternativi al canale bancario.
La struttura del nostro sistema produttivo, caratterizzato nella stragrande maggioranza da piccole e piccolissime imprese, il più delle volte a conduzione familiare, e sovente sottocapitalizzate, per certo non facilita un approccio in favore di strumenti innovativi. D’altro canto, i costi dei finanziamenti bancari, almeno oggi, essendo relativamente bassi, rendono tali strumenti meno competitivi, se analizzati solo dal punto di visto del “prezzo”, ma necessari o utili se finalizzati a operazioni straordinarie.
In questo momento le imprese devono prendere in considerazione di mettere da parte l’eccesso di prudenza – che le ha caratterizzate in questi lunghi anni di crisi – e valutare la possibilità di aprire le aziende a nuovi partner. E se questi partner saranno di natura finanziaria, le sospingeranno anche verso un nuovo modello di governance, più moderno ed efficiente.
Tutto ciò si può concretizzare con continui percorsi di crescita di cultura finanziaria, che ha quale effetto trascinamento una migliore comunicazione finanziaria, necessaria per intercettare le risorse presenti sul mercato, sia domestico che internazionale.
Ma le imprese, in particolare le PMI, trovano supporto? E se si da parte di chi?
Tra questi percorsi “ELITE”, una piattaforma internazionale di servizi nata dalla collaborazione tra Borsa Italiana e le più importanti istituzioni, in primis Confindustria, creata per supportare le imprese eccellenti a realizzare i loro progetti di crescita e sviluppo attraverso la condivisione di esperienze, l’accesso alla finanza e il training, un percorso che, prima ancora di intervenire sugli aspetti finanziari, è una crescita in termini culturali e manageriali.
Il programma è strutturato in tre fasi progressive: un percorso di training per allineare l’organizzazione agli obiettivi di sviluppo e cambiamento, una fase di coaching durante la quale l’azienda è guidata nell’implementare tutti i cambiamenti necessari a sviluppare al meglio il proprio progetto e infine, l’accesso ad un ventaglio di opportunità di business, networking e a fonti di finanziamento per la crescita futura.
L’Elite desk Unione Industriale di Torino, attivo sin dall’inizio del Progetto, ha supportato una ventina di imprese associate nella fase di accesso al programma di Borsa Italiana ed è stato premiato quale sportello best performer per l’anno 2016.