Il nickel ha molti utilizzi ma oggi è diventato strategico per le batterie delle auto elettriche. La domanda cresce, l’offerta non riesce a tenere il passo, i prezzi salgono. Ma la ricerca accelera e si stanno cercando nuove tecniche estrattive e batterie nickel-free. I tempi della ricerca, però, sono lunghi e nel frattempo le case automobilistiche hanno bisogno di forniture certe e a basso costo. Ai problemi tecnologici si intrecciano quelli ambientali e umanitari: l’estrazioni del nickel è a forte impatto. Insomma il destino del nickel è tutto da scoprire.
Nickel: dalle pentole alle batterie
Dopo aver parlato di litio e cobalto, torniamo a occuparci di un minerale di grande attualità per la transizione green, e in particolare per l’auto elettrica (EV): il nickel. Il nickel è un materiale ampiamente utilizzato da decenni in molti settori industriali: oltre il 70% del nickel serve per leghe di acciaio inossidabile. Ma ciò che lo rende un minerale strategico è il suo utilizzo nelle batterie delle auto elettriche.
Diversi tipi di batterie ma il nickel è sempre protagonista
La batteria agli ioni di litio è infatti quella più utilizzata. Tra le varie tipologie ne ricordiamo tre: le batterie nichel-cobalto-alluminio (NCA) e le nichel-cobalto-magnesite (NCM) e le NMC 811 (che contiene 8 parti di nichel, 1 di manganese e 1 di cobalto). Il nickel è dunque protagonista e ospite gradito nelle batterie, favorisce densità energetiche più elevate, aumentando l’autonomia di guida e diminuendo tempi di ricarica e peso dei veicoli a prezzi relativamente bassi, soprattutto se confrontati con litio e cobalto. Per questo materiale, è una questione di classe: il nickel di classe uno (30%) che si ricava dai depositi di solfuri ed è quello utilizzato nelle batterie; il nickel di classe due (70%) che si ottiene dai lateriti.
L’elettrificazione è inarrestabile
L’espansione dell’utilizzo di auto elettriche è inarrestabile. Alla forte spinta del mercato si aggiungono le prescrizioni normative, che saranno sempre più penalizzanti per le auto ad alimentazione tradizionale. Nel piano Fit-for-55 approvato a fine giugno 2021 l’Unione Europea prevede di vietare la vendita di auto tradizionali entro il 2035. E’ una necessità: il 15% delle emissioni mondiali di gas a effetto serra (Ghg) provengono dai trasporti. Si stima che le vendite dei veicoli elettrici (EV) per passeggeri saliranno in pochi anni dall’attuale 5% al 50% del totale delle vendite. Il piano Stellantis presentato a fine giugno 2021 si pone l’obiettivo di arrivare al 70% di vendite di veicoli a basse emissioni entro il 2030 (dall’attuale14%).
L’escalation della domanda di nickel
La componente più importante degli EV (anche in termini di incidenza sul costo di produzione) è la batteria. Più auto elettriche significa più batterie e più batterie significa maggiore consumo di alcuni materiali, tra i quali oggi il nickel è uno dei più importanti. Statista prevede che l’utilizzo di Nichel per la produzione di veicoli elettrici aumenterà di oltre dieci volte entro il 2025: dalle 60.000 del 2018 si passerà alle 665.000 tonnellate. Anche nel breve periodo, la domanda resta robusta. Le misure di contenimento della pandemia hanno provocato una brusca frenata, ma il consumo per le batterie è rimasto comunque forte. Tenendo conto di un 2020 da covid, Woodmac, prevede nel 2021 una forte ripresa della domanda tra il 9% e il 10% che raggiungerà 2,5 milioni di tonnellate di Nichel. Per il settore delle batterie nel 2021 la domanda di nichel aumenterà dell’11%.
Musk preoccupato per la carenza di nickel
Le maggiori case automobilistiche sono ben consapevoli dell’importanza di questo minerale. Elon Musk, fondatore e ceo di Tesla, esprime la sua preoccupazione in un tweet: “Nickel is our biggest concern for scaling lithium-ion cell production”. Musk si dice preoccupato per le forniture a lungo termine di nichel tanto da invitare i minatori ad estrarne di più. Le preoccupazioni del re dei veicoli elettrici sono fondate: la domanda globale rischia di superare l’offerta già nel 2025.
Si cercano batterie nickel-free
Per ovviare alla scarsità di materiale, la ricerca sta lavorando a batterie nickel-free. Lo stesso Musk, nel tweet sopra citato, ha affermato che “… we are shifting standard range cars to an iron cathode. Plenty of iron (and lithium)!”. Una nuova tecnologia cinese nickel-free per le batterie, la LFP (lithium-iron-phosphate), utilizzata anche da Tesla per alcuni veicoli, sembra avere applicazioni immediate.
L’offerta di nickel è concentrata in pochi paesi
L’offerta di nickel è piuttosto concentrata. I più grandi produttori sono Indonesia, Filippine, Russia, New Caledonia, Australia. I primi tre paesi (Indonesia con il 29,8%, Filippine 15,7%, Russia 10,1%) insieme arrivano a superare il 50% della produzione. Il Nickel “di miniera” deve poi essere raffinato e non sempre i luoghi di estrazione corrispondono a quelli di raffinazione, dove viene creato il maggiore valore aggiunto. Nel 2019 l’Indonesia ha imposto il blocco delle esportazioni di minerali non lavorati. Una strategia volta ad attirare miliardi di investimenti per diventare un hub globale nella produzione dei veicoli elettrici e di batterie e migliorare la sua posizione nelle catene globali del valore. La decisione ha creato tensioni con la UE, preoccupata per le forniture future, che ha contestato le restrizioni in sede WTO.
I colossi della raffinazione
Maggiore raffinatore di Nichel è l’azienda cinese Tsingshan group (18% della produzione), seguita dalla russa Nornickel (8%), e dalla brasiliana Vale (7%). Nel 2020 l’offerta di nickel ha registrato una crescita del 4%, quasi interamente per effetto dell’aumento dell’offerta di materiale raffinato dall’Indonesia. Si stima che dalle 630.000 tonnellate nel 2020 nel 2021 la produzione salirà a 815.000 tonnellate.
Una nuova tecnologia di lavorazione potrebbe aumentare l’offerta
L’offerta di nickel potrebbe aumentare grazie a una nuova tecnologia annunciata da Tsingshan, che si propone di convertire ghisa-nickel (NPI – Nickel Pig Iron) in metallina al 75% di Nickel. Questo materiale potrà essere inserito nel segmento di mercato del nickel di classe uno utilizzato nelle batterie. Si tratta in realtà di una tecnologia non del tutto nuova, ma che, rispetto alla precedente, porterebbe alla creazione di un nickel di maggiore qualità. L’accordo firmato tra Tsingshan e le aziende cinese CNGR Advanced Material e Huayou Cobalt per la fornitura di 100.000 tonnellate di metallina a partire da ottobre 2021 ha fatto momentaneamente crollare le quotazioni di Nickel, scese sul mercato LME da quasi 20.000 dollari/ton a meno di 16.000 dollari/ton. Nei mesi successivi i prezzi sono ritornati a crescere con regolarità riportandosi a fine luglio intorno a 20.000 dollari/ton.
Gli investimenti di Tsingshan in Indonesia
Tsingshan intanto investe in Indonesia in progetti per la produzione di nickel e cobalto che sfruttano il processo di dissoluzione acida ad alta pressione (HPAL – high pressure acid leaching). Un processo notoriamente complesso. L’HPAL crea nickel per le batterie sfruttando minerali in precedenza considerati di classe due, i lateriti che costituiscono il 70% delle risorse di nickel, prima ritenuti inutilizzabili per le batterie. La GEM, produttore cinese di materiali per batteria, ha annunciato a inizio 2021, l’intenzione di raddoppiare la propria partecipazione nel progetto indonesiano HPAL posticipando però la produzione fino al 2022.
L’estrazione del nickel ha elevati costi ambientali e sanitari
L’estrazione di Nickel porta con sé gravi costi ambientali e sanitari. Gli impatti sulla popolazione e sui lavoratori sono evidenti: deformità, problemi respiratori e patologie legati all’inquinamento generato dall’estrazione. Non a caso il nickel è da sempre conosciuto tra i minatori come il “rame del diavolo”. L’estrazione è un processo intensivo che ha un impatto significativo sulle foreste circostanti, con effetti disastrosi sulla vegetazione e sulla fertilità del suolo. La diretta conseguenza è un forte degrado ambientale che determina la perdita di struttura e funzione del suolo e di biodiversità.
…anche con le nuove tecnologie di estrazione
Anche le nuove tecnologie citate hanno impatti ambientali notevoli. L’HPAL, data la difficoltà della tecnica e le alte temperature, richiede un forte utilizzo di energia, con una emissione fino a 40 tonnellate di CO2/ton. Per quanto riguarda la produzione di metallina, ciò che preoccupa maggiormente è la fase pirometallurgica, che causa l’emissione di 40/90 tonnellate di CO2 per tonnellata di Nickel. Oltre all’impatto ambientale, la produzione di metallina non è sostenibile nel lungo periodo: contenendo l’NPI solo 2%-7% di Nickel, per la produzione di 1.000 kg di metallina, sono necessari 38.500 kilogrammi di NPI – Nickel Pig Iron.
Nel breve periodo poche alternative al nickel
Nel breve periodo, il nickel sembra difficilmente rimpiazzabile nella produzione su vasta scala delle batterie. L’enorme aumento della domanda di EV e i vincoli tecnologici assicurano una crescita costante della domanda almeno per alcuni anni. D’altra parte, anche l’offerta si sta adeguando: sia con lo sfruttamento di nuovi giacimenti sia con nuove tecnologie di raffinazione. Almeno fino al 2025, gli analisti prevedono dunque un sostanziale equilibrio tra crescita della domanda e dell’offerta, con prezzi relativamente stabili. Allungando l’orizzonte temporale, il destino del nickel quale minerale strategico dipende soprattutto dalla scienza. La ricerca di batterie nickel-free da un lato, la riduzione dei costi di estrazione e dell’impatto ambientale dall’altro. In ogni caso, i trader di nickel possono state tranquilli per un po’ di anni: e il destino del “rame del diavolo” è tutt’altro che scritto.
Questo post è stato redatto da Chiara Aletti, laureanda in Scienze Internazionali presso l’Università di Torino. Nel 2021 ha svolto uno stage di 150 ore presso l’ufficio studi economici dell’Unione Industriale di Torino. Ecco come presenta le sue competenze e i suoi interessi.
Sono una laureanda di Scienze Internazionali – China and Global Studies, attualmente iscritta al programma di doppia laurea presso l’Università di Torino e la Zhejiang University ad Hangzhou, in Cina. Mi occupo della Repubblica Popolare Cinese con una prospettiva multidisciplinare: politica, geopolitica, economica e storica. L’Unione Industriali mi ha permesso di approfondire alcuni temi economici e industriali e di conoscere in modo più approfondito le profonde interdipendenze che caratterizzano le economie cittadine, regionali e nazionali.
Il mio obiettivo è quello di diventare un’esperta di geopolitica e politica economica internazionale in grado di analizzare, comprendere, ma soprattutto far comprendere, le dinamiche nazionali ed internazionali.