Sicurezza alimentare globale a rischio?

La guerra in Ucraina potrebbe compromettere anni di progressi in termini di sicurezza alimentare

 

La sicurezza alimentare globale ha spesso fatto notizia negli ultimi due anni. Molti paesi stanno affrontando livelli crescenti di insicurezza alimentare. Il rischio è  quello di compromettere anni di progressi in termini di sviluppo. Inoltre, ciò sta minacciando il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile. Già  prima della pandemia vari fattori avevano contribuito a creare vere e proprie crisi alimentari: conflitti, speculazioni finanziarie, disastri naturali, cambiamenti climatici e parassiti.
La pandemia ha aggravato questa situazione. Ha infatti provocato l’interruzione delle  catene di approvvigionamento alimentare e l’aumento della volatilità dei prezzi.
La guerra in Ucraina aggiunge rischi alla sicurezza alimentare globale. I prezzi alimentari probabilmente rimarranno troppo elevati nel prossimo futuro. Potrebbero spingere milioni di altre persone in una grave insicurezza alimentare.

Il pericolo dell’elevata volatilità del prezzi 

L’aumento della volatilità dei prezzi influisce sulle decisioni di produzione. Può stimolare comportamenti speculativi, che possono alimentare un’ulteriore inflazione dei prezzi dei generi alimentari.
Cosa sta guidando l’attuale volatilità dei prezzi e quali sono le sue implicazioni per i mercati e la sicurezza alimentare?
La volatilità è stata elevata durante le crisi globali dei prezzi alimentari del 2007-2008 e del 2010-2011. I raccolti scarsi in Sud America, la forte domanda globale e i problemi della catena di approvvigionamento legati alla pandemia hanno ridotto le scorte di cereali e semi oleosi. Inoltre, hanno portato i prezzi ai livelli più alti dal 2011-2013.

Sicurezza alimentare: cosa è successo con la pandemia?

Dopo lo scoppio della pandemia, tra i principali prodotti di base, i prezzi del riso e del grano sono diventati molto volatili. Ciò in seguito ai lockdown attuati in molti paesi e alle restrizioni alle esportazioni imposte da alcuni dei principali paesi produttori. La Russia e il Kazakistan, ad esempio, hanno imposto divieti all’esportazione di grano. Il Vietnam ha imposto un divieto di breve durata alle esportazioni di riso.

Rally dei prezzi a partire dalla fine del 2021

La crisi globale dei prezzi alimentari del 2007-2008  ha portato molti paesi a imporre restrizioni commerciali prolungate. La maggior parte di queste misure più limitate è stata ritirata entro la metà del 2020. I mercati degli alimenti di base sono tornati a livelli di volatilità più bassi e “normali”. Questo periodo di relativa calma è durato solo nella prima parte del 2021. L’aggravarsi delle interruzioni della catena di approvvigionamento legate alla pandemia si è aggiunto alla forte domanda guidata dalla ripresa economica globale. La volatilità dei prezzi è progressivamente aumentata. Negli ultimi mesi del 2021 ha raggiunto livelli eccessivi per frumento, mais e soia.

E con la guerra?

Con l’invasione della Russia in Ucraina la situazione è notevolmente peggiorata. Ha creato grandi perturbazioni all’interno del mercato. Ciò potrà avere possibili gravi conseguenze per la sicurezza alimentare globale. Russia e Ucraina insieme forniscono circa il 12% delle esportazioni agricole globali su base calorica. Inoltre forniscono oltre il 30% delle esportazioni globali di grano. I due paesi detengono quote ancora più elevate nelle economie dipendenti dal grano del Medio Oriente e del Nord Africa.

Apprezzamenti superiori al 30%

Qui i prezzi del grano sono aumentati di oltre il 30% rispetto ai livelli prebellici. Una differenza tra i due periodi riguarda l’entità delle interruzioni nei mercati degli alimenti di base. Il periodo di blocco iniziale della pandemia ha visto una certa volatilità isolata. La guerra Russia-Ucraina sta invece colpendo tutti i principali generi alimentari.

Grano: una commodity vitale per molti paesi

La siccità in molte regioni produttrici di grano, tra cui Nord America e regione MENA, e la forte domanda di importazioni dalla Cina, hanno creato preoccupazioni sull’adeguatezza delle forniture e sulla sicurezza alimentare globale. Prima della guerra le interruzioni delle spedizioni e la politica di esportazione di grano in Russia hanno aggiunto incertezza. Dato il peso di Russia e Ucraina sulla produzione mondiale di grano, l’invasione ha esacerbato le preoccupazioni sull’offerta. Ciò ha portato all’aumento della volatilità dei prezzi.

Mais: Ucraina quarto esportatore mondiale

I problemi di approvvigionamento legati al conflitto hanno alimentato la volatilità dei prezzi nei mercati globali del mais. L’Ucraina è il quarto esportatore mondiale di mais. La guerra sta mettendo a rischio il prossimo raccolto e la capacità del Paese di esportare.

Soia: raccolti a rischio a causa della siccità in Brasile e Paraguay

La siccità in Brasile e Paraguay ha drasticamente ridotto le prospettive di produzione di semi di soia. Ciò ha determinato una elevata volatilità dei prezzi a partire dalla fine del 2021. Anche le dinamiche di mercato di altri importanti semi oleosi hanno contribuito alla volatilità dei prezzi della soia. Le crescenti preoccupazioni per l’offerta di olio di palma, in particolare a causa dei danni causati dalle inondazioni legate al tifone in Malesia, hanno portato a un aumento della domanda e dei prezzi dell’olio di soia. Si tratta di un sostituto dell’olio di palma per cibo e carburante.
Allo stesso modo, il conflitto nella regione del Mar Nero, un’area che rappresenta oltre la metà della fornitura mondiale di olio di semi di girasole, ha spinto gli acquirenti a cercare alternative. Ciò ha contribuito anche all’eccessiva volatilità dei prezzi osservata nei mercati della soia.

In aumento anche il prezzo dei fertilizzanti

Così come i prezzi degli alimenti, anche i prezzi dei fertilizzanti sono aumentati in modo significativo nell’ultimo anno e mezzo.  Sono saliti a livelli ancora più alti dopo l’invasione russa dell’Ucraina a febbraio, raggiungendo il massimo a marzo.
Dal lato della domanda, il consumo globale di fertilizzanti minerali è rimasto notevolmente stabile durante il primo anno della pandemia (+1,6% nel 2019/2020 rispetto al raccolto dell’anno precedente). La domanda è aumentata del 6,3% nel 2020/2021. Il rimbalzo dei prezzi dei raccolti nel 2021 ha contribuito a questo movimento: prezzi dei raccolti più elevati tendono ad aumentare la domanda di fertilizzanti in quanto diminuisce il loro prezzo relativo.

Il prezzo del gas naturale fa lievitare i costi di produzione

Dal lato dell’offerta, il fattore più importante è stato il forte aumento del prezzo del gas naturale. Esso è utilizzato sia come materia prima che come fonte di energia nella produzione di ammoniaca (un materiale di base per i fertilizzanti N). Il gas può  pesare fino al 70%-80% sui costi di produzione dell’ammoniaca.
Il conflitto in Ucraina, le sanzioni economiche e le interruzioni nelle rotte commerciali del Mar Nero hanno ulteriormente aumentato i costi commerciali e l’incertezza sulle esportazioni russe e bielorusse di fertilizzanti.

Fonti alternative per affrontare la crisi

I paesi che dipendono fortemente dalle importazioni di fertilizzanti dalla Russia e dalla Bielorussia devono affrontare un deficit immediato. Inoltre, dovranno assicurarsi fonti alternative da un mercato globale molto ristretto. Se sono in grado di procurarsi forniture da altri paesi esportatori, distanze maggiori e re-indirizzamenti dei trasporti comporteranno costi aggiuntivi. Spingeranno inoltre i prezzi dei fertilizzanti ancora più in alto, riducendo la disponibilità. Come si vede dal grafico qui sotto, tre quarti dei paesi dipendono dalle importazioni per il 50% o più del consumo di  fertilizzanti; ciò significa che le perturbazioni sui mercati mondiali si diffonderanno rapidamente. Avranno un impatto anche sui paesi che non importano direttamente dalla Russia o dalla Bielorussia.

Restrizioni alle esportazioni di cibo in risposta al conflitto

L’invasione della Russia è arrivata in un brutto momento per i mercati alimentari globali. I prezzi dei generi alimentari erano già elevati a causa delle interruzioni della catena di approvvigionamento legate al COVID ed ai raccolti ridotti dalla siccità dello scorso anno.
Nelle crisi passate molti paesi hanno limitato il commercio di prodotti alimentari, inclusi cereali e oli vegetali. Con il conflitto in corso, c’è una crescente probabilità che la carenza di cibo, in particolare di cereali e oli vegetali, diventi acuta. Ciò indurrà più paesi a ricorrere a restrizioni al commercio.
Dall’invasione russa dell’Ucraina il 24 febbraio, il numero di paesi che hanno imposto restrizioni all’esportazione di prodotti alimentari è salito da 3 a 16 (all’inizio di aprile 2022). L’importo totale delle esportazioni interessate dalle restrizioni rappresenta circa il 17% delle calorie totali scambiate nel mondo. 

L’Ucraina limita le esportazioni a favore del mercato interno

I paesi che hanno implementato restrizioni all’esportazione rappresentano quote importanti di alcune delle principali materie prime scambiate nel mondo. A partire dall’epicentro del conflitto, l’Ucraina ha limitato le esportazioni per garantire rifornimenti adeguati alla sua popolazione durante il conflitto. La restrizione all’esportazione di grano della Russia è antecedente alla guerra. Ciò include una tassa all’esportazione fluttuante e una quota di esportazione. I due paesi insieme rappresentano circa il 35% del valore in dollari del commercio globale totale di articoli soggetti a restrizioni. Misurata in termini di valore calorico, un importante indicatore della nutrizione e della sicurezza alimentare, la quota percentuale di Russia e Ucraina sale al 42%.

Molte restrizioni non sono divieti assoluti

Altri importanti fornitori che impongono restrizioni all’esportazione includono Indonesia (divieto di esportazione di olio di palma), Argentina (divieto di esportazione di carne bovina) e Turchia, Kirghizistan e Kazakistan (divieto di una varietà di prodotti cerealicoli). Molte restrizioni all’esportazione non sono divieti assoluti. Sono piuttosto tasse o altri costi di transazione che aumentano i prezzi delle importazioni di materie prime ma non li impediscono di per sé.

Risposte politiche per affrontare gli impatti sulla sicurezza alimentare

Le sanzioni contro la Russia sono aumentate notevolmente.  Fino a oggi  continuano a esentare i prodotti alimentari e gli input come i fertilizzanti. Questi prodotti rappresentano meno del 5% dei proventi delle esportazioni russe. Se sanzionati potrebbero avere un impatto negativo sulla sicurezza alimentare globale. Le esportazioni russe di gas naturale  come abbiamo detto, sono una materia prima chiave per la produzione di fertilizzanti azotati. Inoltre, costituiscono una questione più delicata a causa del suo ruolo nell’economia russa (rappresentando circa il 7% delle sue esportazioni nel 2019).

Pesanti le conseguenze di un’eventuale interruzione delle forniture di gas russo 

Mentre l’Unione Europea continua ad acquistare gas dalla Russia, qualsiasi interruzione dell’approvvigionamento avrà conseguenze ancora maggiori sulla produzione europea di fertilizzanti e sulla disponibilità di fattori produttivi. Oltre i confini europei, la capacità di produrre urea o ammoniaca è maggiore. inoltre le opzioni di mitigazione sono più ampiamente disponibili. I responsabili politici devono considerare gli effetti indiretti delle sanzioni occidentali. Devono inoltre tener conto degli impatti su terze parti, come la Turchia, che svolgono un ruolo fondamentale nella lavorazione dei cereali importati dalla Russia; esse riesportano i prodotti finali o semi trasformati in altri paesi a basso o medio reddito.

Anche le forniture alimentari sono a rischio

Le restrizioni alle esportazioni potrebbero portare i prezzi globali ancora più in alto e rendere più difficile l’acquisto di cibo per i paesi importatori netti. È sempre più probabile che le forniture di materie prime chiave dall’Ucraina e dalla Russia subiranno gravi interruzioni per il 2022. Tuttavia, i paesi stanno cercando modi per aumentare le forniture da altre fonti. C’è il rischio che le misure di emergenza possano portare a ulteriori problemi a breve o lungo termine. Decisioni politiche di emergenza possono avere effetti a lungo termine; ad esempio danneggiare la biodiversità o contribuire agli impatti climatici rilasciando carbonio o metano.

L’autosufficienza non è una soluzione 

La risposta più istintiva di chiusura dei mercati e tentativi di aumentare l’autosufficienza economica si rivelano di corto respiro. I mercati mondiali sono più stabili di quelli domestici, perché sono più grandi e più diversificati. La comunità agricola globale è più flessibile e in grado di reagire agli shock più rapidamente di qualsiasi singolo paese. Le moderne catene del valore globali operano con minori perdite di cibo rispetto ai grandi programmi di azioni pubbliche. L’autosufficienza è anche proibitivamente costosa per la maggior parte dei paesi importatori netti di cibo. Molti tra questi sono tra i più poveri del mondo.

Le politiche non dovrebbero segmentare i mercati

Il mondo diventerà meno sicuro dal punto di vista alimentare, se i paesi ricorrono a politiche di autosufficienza che li espongono a incertezze di produzione causate da siccità, inondazioni, parassiti e malattie degli animali o delle piante. Le politiche non dovrebbero segmentare i mercati, ma mirare a creare maggiori opportunità per un numero maggiore di paesi. Inoltre dovrebbero aiutare i mercati globali a diventare più diversificati e inclusivi.

Prezzi proibitivi almeno fino al 2023

L’invasione russa dell’Ucraina significherà probabilmente che i prezzi agricoli elevati proseguiranno per tutto il 2022 e probabilmente fino al 2023. Sfortunatamente, è improbabile che la maggior parte delle risposte politiche, per quanto ben intenzionate, forniscano soluzioni a breve termine. Potrebbero esacerbare l’aumento e l’instabilità dei prezzi globali. L’approccio migliore è il più semplice: consentire ai mercati di funzionare rimuovendo le distorsioni. Inoltre dovrebbero sostenere i paesi e le famiglie più vulnerabili tramite le reti di sicurezza sociale e, dove più necessario, attraverso l’assistenza umanitaria.

L’attuale crisi presenta una serie di sfide umanitarie immediate

Nel tempo i mercati dovrebbero eventualmente tornare a schemi più normali. Nel frattempo, i paesi dovrebbero cooperare per evitare un’ondata di politiche dannose come quella vista nella crisi dei prezzi alimentari del 2007-2008. La politica commerciale alimentare può muoversi rapidamente e potrebbe avere un impatto duraturo sulla povertà e la fame nel mondo.

 

Questo post è stato realizzato da Francesca Saracino studentessa del corso di laurea magistrale in Scienze Internazionali nell’ambito del suo stage presso l’ufficio studi dell’Unione Industriali di Torino. Ecco come si presenta.

Sono Francesca Saracino, studentessa di Scienze Internazionali profilo China and Global Studies, presso l’Università degli studi di Torino. Dopo aver conseguito la laurea triennale in Scienze della mediazione linguistica, con lo studio della lingua inglese e cinese, spinta da un forte interesse per la Cina e l’Asia Orientale, ho rivolto la mia attenzione verso l’ambito internazionale, economico e geopolitico.
Il tirocinio presso Unione Industriali mi ha dato la possibilità di interfacciarmi con la realtà aziendale di cui non ero ancora a conoscenza e con il mondo dei mercati emergenti. Mi ha dato modo di mettermi alla prova, mettere in pratica le mie conoscenze universitarie collaborando alla redazione di articoli molto interessanti di carattere internazionale.
In futuro, mi piacerebbe collaborare con un’azienda che operi in un contesto internazionale e di mettere in pratica le mie conoscenze teoriche e pratiche nell’ambito dell’import-export e dell’internazionalizzazione delle aziende.

 

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