Confindustria, 110 anni e oltre. Una grande storia per un grande futuro.

 

Confindustria ha deciso di festeggiare il centodecimo anniversario della propria fondazione proprio qui a Torino dove la nostra Associazione è nata.

110 anni sono un periodo lungo, specie per un Paese come l’Italia la cui storia unitaria è iniziata soltanto nel 1861. Ciò significa che Confindustria ha attraversato la gran parte della vicenda italiana, a partire dagli albori del Novecento.

Di fatto, Confindustria ha accompagnato e fatto da contrappunto all’epoca in cui lo sviluppo economico ha cambiato il volto del Paese, dal decollo industriale in avanti.

Sono stati undici decenni intensissimi, che si sono stagliati sullo sfondo di un’enorme trasformazione delle basi sociali, di due guerre mondiali, del mutamento completo del profilo istituzionale e politico del Paese.

 

Confindustria è riuscita non soltanto a superare un periodo così prolungato e complesso, ma a farlo da protagonista. Influendo sulle grandi scelte strategiche che hanno diretto lo sviluppo economico e civile della nazione.

 

Agli albori del 900, i primi sviluppi della modernità

Solo quando si volge lo sguardo al passato e lo si ripercorre, si può comprendere come sia stato vasto e importante il progresso che l’Italia ha vissuto.

Quando la Confederazione – non ancora “Generale” – dell’Industria Italiana nacque qui a Torino, nei suoi primi uffici di piazza Statuto, non lontano da dove ci troviamo adesso, l’Italia non era ancora un Paese industriale.

La nostra era una società agricola, con alcune isole di industrializzazione, concentrate soprattutto al Nord.

Torino spiccava per la vivacità delle sue forze imprenditoriali, la qualità dei suoi lavoratori, il dinamismo del suo ambiente urbano.

La città aveva ancora dimensioni contenute perché avrebbe varcato il mezzo milione di abitanti soltanto con la Prima guerra mondiale, nel 1916. Tuttavia, essa dava già il tono della crescita economica al Paese.

 

Torino protagonista sullo scacchiere internazionale

Assieme a Milano, Torino era un’autentica fucina di innovazioni.

Le sue officine automobilistiche erano tra le più vivaci d’Europa.

La cultura della produzione si sposava con la ricerca dei laboratori tecnico-scientifici.

La città spiccava per il valore della sua amministrazione locale. I servizi delle aziende municipalizzate erano improntati all’efficienza e disegnavano il profilo di una città accogliente e funzionale, che cresceva con ritmo regolare.

La politica locale traduceva in realtà l’asciutto pragmatismo di Giovanni Giolitti, col suo motto “gouvernè bin”.

Torino poteva così espandersi, senza perdere quel “garbo provinciale” cantato dal suo poeta maggiore, Guido Gozzano.

 

Proprio nei primi anni del Novecento si formò quel carattere della società subalpina, cui essa non ha più rinunciato in seguito e che a me sembra pienamente vitale anche oggi. La cultura empirica e sperimentale, l’orientamento pragmatico, la piacevolezza dell’ambiente urbano, sono tratti permanenti della nostra Torino.

 

Qui nasce la Lega Industriale che diventa la Confederazione dell’Industria italiana

Si può allora comprendere come entro questa cornice potesse formarsi nel 1906 la Lega Industriale di Torino, il ceppo da cui nacque, quattro anni dopo, la Confederazione dell’Industria Italiana.

Le forze dell’industria allora in campo erano ancora minime. La prima Confindustria non aveva che un solo funzionario, un giovane di grande qualità, l’avvocato Gino Olivetti. Fu lui il prescelto per promuovere l’associazione dal primo presidente della Lega e della Confindustria, l’imprenditore di origine lionese Louis Bonnefon-Craponne.

Era di così larghe vedute la prima Confindustria che, in un’epoca in cui erano fortissime le spinte verso il nazionalismo, non ebbe remore a indicare come presidente un imprenditore francese.

 

Torino-Lione una relazione che ha solide radici

L’internazionalizzazione apparteneva già, fin dagli esordi, al patrimonio genetico dell’industria di Torino.

Bonnefon-Craponne e Gino Olivetti fecero insieme un lavoro straordinario di persuasione e di chiamata all’organizzazione nei confronti del mondo dell’industria, ancora piccolo, ma in crescita.

Conquistarono prima il consenso di Torino e poi dell’Italia grazie alla partecipazione dei migliori imprenditori dell’epoca, a cominciare dal fondatore della Fiat Giovanni Agnelli.

 

L’equazione fra industrialismo e modernizzazione venne largamente condivisa rendendo l’associazionismo imprenditoriale del primo Novecento uno strumento robusto per la tutela degli interessi specifici del mondo industriale, fucina di nuove soluzioni nell’organizzazione del lavoro.

 

Al centro della vita economica e della società italiana

Fu la determinazione e la dedizione con cui il primo vertice confindustriale difese i valori della libertà economica, del libero scambio delle merci, di un metodo rigoroso di contrattazione nelle controversie fra capitale e lavoro, a guadagnare loro l’attenzione e il rispetto di Luigi Einaudi, il massimo economista di quel tempo.

Proprio Einaudi additò nella Confindustria un soggetto dal comportamento esemplare, da cui bisognava imparare.

L’autorevolezza si rivelò l’arma migliore della prima Confindustria. Essa se ne servì per modernizzare l’opinione pubblica italiana, diventando un suo punto di riferimento.

 

A difesa dei nostri valori

Autorevolezza, credibilità, autonomia dai giochi della politica e dei partiti, restano i pilastri su cui Confindustria ha costruito il proprio prestigio nella storia d’Italia.

 

Soprattutto, è stata decisiva la capacità di presentare una visione dell’economia e dello sviluppo che parlasse alla società italiana nella sua interezza. Che portasse ad avvicinare il più possibile gli interessi delle imprese a quelli del Paese. In una prospettiva di crescita che voleva superare le frontiere nazionali e si collocava al cuore dell’Europa.

È un messaggio che tiene conto dei valori di fondo della società, degli interessi delle giovani generazioni e di quanti non sono ancora entrati nel circuito di produzione della ricchezza, che persegue l’equilibrio fra l’economia e le istituzioni.

 

Il cambio di paradigma

Certo, durante questo secolo e oltre di storia, le cose si sono complicate e i compiti degli operatori dell’economia e di chi li rappresenta si sono fatti estremamente più complicati. Così come si è moltiplicato il numero dei soggetti imprenditoriali nel mondo.

Ciò rende l’impegno di Confindustria più delicato e difficile. E soprattutto complica il lavoro di coloro che sono scelti e votati per guidare Confindustria e dare ad essa una voce rispettata e ascoltata.

 

Per questo penso che sia importante celebrare i 110 anni di Confindustria. Il suo scopo non è di celebrare una data, ma di discutere e di far ragionare sulla missione di Confindustria e sul modo in cui essa vi ha assolto nelle diverse epoche.

Non poco della sorte dell’Italia e della sua proiezione in Europa e nel sistema globale dipendono anche dall’impegno con cui Confindustria  svolgerà la sua missione.

Dario Gallina: Dario Gallina | CEO dott.gallina srl and President of Unione Industriale Torino | Polycarbonate systems and sheets for building application #innovation
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