Codice Appalti: come cambia dopo lo “Sbloccacantieri”

Il Decreto sbloccacantieri stravolge il Codice appalti del 2016

Il Decreto “Sbloccacantieri” stravolge il Codice degli appalti. Il 19 aprile scorso, a tre anni esatti dall’entrata in vigore del nuovo Codice appalti, è diventato operativo il Decreto Legge che ne stravolge i contenuti nella speranza di rimettere in moto la macchina dei lavori pubblici. Macchina ormai ferma da quasi tre anni, non solo per colpa della complessità della norma, ma anche per la riluttanza e l’incapacità di burocrazia ed amministrazioni pubbliche

Cosa caratterizzava il “vecchio” Codice appalti?

Il codice del 2016 era fondato su quattro pilastri:

  • semplificazione e qualificazione delle stazioni appaltanti
  • certezza ed immutabilità del progetto, sancito dall’obbligo di appaltare solo sulla base di un progetto esecutivo
  • sostanziale abbandono del criterio del prezzo più basso come criterio di aggiudicazione
  • attività regolamentare demandata ad un sistema di soft-low affidate all’Autorità Nazionale Anticorruzione

Modifiche sostanziali introdotte dallo “sbloccacantieri”

Il DL appena varato dal Governo abbatte del tutto uno di tali pilastri e mina seriamente gli altri tre. Infatti tra l’ottantina di correzioni al Codice applati spiccano proprio quelle che vanno a modificare quelle quattro norme.

1) Ripristino di un regolamento unico

La prima grande svolta riguarda la cancellazione di molte delle linee guida di ANAC e decreti del MIT già varati o in corso di emanazione per sostituirli con un regolamento unico e vincolante e dall’impostazione rigida. Un ritorno al passato che dovrebbe servire dare maggiori certezze a funzionari pubblici e imprese spaventati dalla eccessiva discrezionalità legata modello della soft-low

2) Deroghe all’obbligo di appaltare solo su progetto esecutivo

Ci sarà una moratoria, fino a tutto il 2020, per le gare appaltate sulla base di progetti definitivi. La misura infatti prevede la possibilità di ricorrere all’appalto integrato per i lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria, ad esclusione degli interventi che prevedono rinnovo o sostituzione delle parti strutturali e per i lavori ad alto tasso tecnologico, a patto che la scelta sia motivata nella determina a contrarre.

3) Ripristino del massimo ribasso come criterio di aggiudicazione sotto soglia

Per gli appalti di lavori al di sotto della soglia europea di 5,5 milioni il criterio di aggiudicazione dovrà essere quello del prezzo più basso, per evitare l’obbligo di rivolgersi a commissari esterni e di dover valutare complicati aspetti tecnici. Se da lato nel decreto si rende, di fatto, obbligatorio il massimo ribasso (che dovrà essere utilizzato sempre a meno di motivare sul bando di gara scelta diverse), dall’altro il decreto integra l’elenco degli appalti da aggiudicare esclusivamente con l’offerta più vantaggiosa aggiungendo a lavori e servizi caratterizzati da un’alta intensità di manodopera, anche i servizi e le forniture particolarmente innovativi da 40mila euro in su.

4) Rinuncia alla riduzione del numero di stazioni appaltanti

Ed infine, il decreto, elimina l’obbligo per le amministrazioni comunali non capoluogo di ricorrere a formule di aggregazione per l’acquisizione di lavori, beni e servizi oltre certe soglie.

I Comuni non capoluogo, pertanto, dal momento dell’entrata in vigore del decreto-legge possono scegliere se gestire in proprio le procedure di gara, oppure continuare a fare ricorso alle centrali uniche di committenza o alle stazioni uniche appaltanti.

Quali sono le altre modifiche significative al Codice appalti?

A queste novità che da sole stravolgono completamente la filosofia del Codice appalti se ne aggiungono poi numerose altre che vanno a modificare singoli aspetti a volte anche particolarmente significativi. Tra queste quelle che maggiormente incideranno sull’attività delle imprese che partecipano alle gare pubbliche, sono da segnalare:

  • sarà vietato l’utilizzo di procedure negoziate per gli appalti di lavori di importo superiore a 1milione di Euro;
  • la soglia massima subappaltabile è elevata al 40% dell’importo complessivo del contratto ma è data facoltà alle stazioni appaltanti di decidere in bando la quota subappaltabile entro tale limite;
  • sarà possibile aprire la busta dell’offerta prima della busta con la documentazione di gara, la verifica dei requisiti si limiterà all’aggiudicatario e ad un numero di altre offerte da decidere in bando;

è previsto il pagamento diretto dei subappaltatori in caso di inadempienza da parte dell’appaltatore e su richiesta del subappaltatore

Sarà utile?

Alcune delle novità introdotte dal decreto possono sicuramente essere condivisibili, ma, altrettanto sicuramente, il completo stravolgimento delle strategie di fondo rende il Codice privo di omogeneità e di obiettivi.

Con queste modifiche non si fa che prendere atto dell’incapacità da parte della pubblica amministrazione di programmare e gestire l’importante partita dei lavori pubblici. Come ha detto il Presidente dell’ANAC, Cantone, in una recente intervista: “più che al far bene si pensa al – fare comunque -” aggiungendo, soprattutto che “non servirà davvero a sbloccare gli appalti”.

Speriamo che Cantone si sbagli, anche perché il settore delle costruzioni, mai uscito dalla crisi iniziata nel 2008, senza un adeguato supporto di programmi infrastrutturali pubblici, rischia veramente di soccombere.

Massimo Ghelfi: Da più di venticinque anni seguo, sempre in ambito confindustriale, le imprese di impianti tecnologici. In questi anni ho avuto modo di seguire ed approfondire l'avvicendarsi delle normative di interesse per questo settore. Partecipo a diversi tavoli tecnici: presso il Provveditorato alle Opere Pubbliche, in Regione Piemonte e presso la Città Metropolitana di Torino
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