La responsabilità solidale si diffonde sempre più nei contratti tra imprese: appalto, subappalto, subvettura, subfornitura e c’è ancora spazio per un ulteriore estensione in via interpretativa.
Nel corso degli anni il ventaglio delle ipotesi in cui un imprenditore si trova soggetto a responsabilità solidale verso i dipendenti dei propri fornitori si è largamente ampliato.
Da sempre il legislatore ha voluto tutelare i dipendenti degli appaltatori contro i rischi connessi al mancato pagamento di retribuzione e contributi. Il principale metodo adottato a tal fine è costituito dalla responsabilità solidale del committente. Infatti, in forza della legge Biagi, preceduta in questo senso da una legge del 1960, il committente risponde dei debiti da lavoro in solido con il suo appaltatore.
Ciò significa che il lavoratore può scegliere a quale dei due debitori rivolgersi per chiedere tutto ciò che gli è dovuto; sarà poi chi paga a rivalersi sull’altro imprenditore. È facile immaginare che si sceglierà quello fra i due debitori che risulta finanziariamente più solido.
Tale previsione non si applica solo al contratto di appalto: ci sono disposizioni che lo estendono ai subvettori (come i c.d. “padroncini” che lavorano per le imprese di trasporto) ed ai lavoratori somministrati.
Pericolose estensioni analogiche
Una recente sentenza della Corte Costituzionale (n. 254 del 2017) ha esteso la responsabilità solidale alle ipotesi di subfornitura.
Esistono, infatti, varie tipologie di fornitura. Accanto alla vendita, con la quale si compra un prodotto a listino, già completo e definito, esiste la possibilità di ricorrere a un appalto, con il quale si commissiona ad un imprenditore un’opera o un prodotto, limitandosi ad indicare il risultato che si vuole ottenere. Si tratta di subfornitura, invece, qualora il committente fornisca il semilavorato o la materia prima da cui partire, oppure intenda incorporare nella propria attività o prodotto complesso i prodotti o servizi del fornitore, oppure gli fornisca progetti, prototipi, modelli o conoscenze tecniche. Sono tutte ipotesi in cui il know-how tecnologico appartiene al committente; la giurisprudenza, infatti, parla di “dipendenza tecnologica”.
Nell’estendere la responsabilità solidale anche a queste ipotesi, la Corte Costituzionale ha affermato anche un principio generale, sostenendo che tale tutela andrebbe prevista in tutti i casi che vedono una “dissociazione tra il contratto di lavoro e l’utilizzazione delle prestazioni”. Ad esempio, tale estensione potrebbe riguardare l’istituto del distacco, come suggerito dalla recente circolare 7/2018 dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro in materia di contratti di rete, distacchi e co-datorialità.
Come tutelarsi?
A fronte di questa responsabilità è difficile tutelarsi. Si può chiedere copia del DURC, del LUL, UNIEMENS e relativo F24; tuttavia residua sempre un rischio.
Ad esempio un lavoratore potrebbe vincere una causa relativa all’inquadramento e alle relative differenze retributive, oppure potrebbero emergere debiti retributivi non contabilizzati.
Si noti, come ultimo appunto, che anche il nuovo Regolamento UE sulla privacy (c.d. GDPR) introduce una forma di responsabilità solidale tra titolari del trattamento e responsabili esterni del trattamento, vale a dire tra committenti e fornitori.
Il miglior suggerimento rimane, dunque, quello di essere molto selettivi nella scelta dei fornitori.