Imposte. Il pesante ruolo dei Sostituti.

Imposte e Sostituti d’imposta. Le imprese affrontano oneri rilevanti e rischi di sanzioni anche penali per svolgere un’attività a vantaggio di tutti. I relativi costi gravano solo su di esse. Queste spese potrebbero, invece, essere a carico della comunità che ne beneficia, remunerando le imprese per l’attività svolta.

Imposte | Il calendario dei sostituti d’imposta è costellato da una marea di adempimenti. I sostituti d’imposta entro il 7 marzo devono inviare all’Agenzia delle Entrate le Certificazioni Uniche. Questo termine offre ogni anno uno spunto particolare per qualche riflessione sul difficile rapporto – che ancora c’è in questo Paese – tra Fisco e imprese.

In sintesi, mi domando: è giusto che le imprese svolgano l’attività di sostituto d’imposta? Devono fare gratuitamente un’attività che è a sostanziale beneficio di altri?

L’attività dei sostituti d’imposta

Come noto le aziende sono individuate dalla legge quali sostituti d’imposta.

Le imprese, quando si trovano ad erogare somme o valori che rientrano nella definizione di alcune tipologie di reddito, devono trattenere una parte di quanto stanno erogando per versarla allo Stato o ad altro Ente che ne abbia diritto, anziché alla controparte.

Attraverso questo meccanismo per esempio i datori di lavoro garantiscono che i loro lavoratori dipendenti paghino già alla fonte le imposte dovute, fin dal momento del percepimento del reddito.

Il fenomeno coinvolge i lavoratori dipendenti (e pensionati), ma non soltanto. Anche i lavoratori autonomi e gli agenti di commercio, per esempio, sono contribuenti che, quando percepiscono compensi, si vedono incisi da ritenute che di fatto garantiscono la tracciatura del reddito e l’incasso di imposte da parte dell’Erario.

Il “giochino” funziona mettendo in contrapposizione l’interesse delle parti coinvolte, sanzionando – e non poco – il soggetto erogatore che non esegua alla lettera quanto gli è richiesto.

Che il sistema sia efficiente lo dimostra la crescente estensione che l’istituto ha avuto, fino alla dimensione attuale. In concreto lo Stato ha creato la figura dei sostituti d’imposta, garantendosi così una bella fetta delle proprie entrate.

Il sistema funziona – Un modo efficiente e poco costoso per far pagare le imposte

Bisogna scegliere la giusta prospettiva per valutare il fenomeno.

Da un lato, in effetti, se l’amministrazione finanziaria fosse in grado di ottenere in prima persona il puntuale adempimento dei propri doveri da parte dei contribuenti, non sarebbe necessaria la figura dei sostituti d’imposta.

Peraltro, il ricorso alla figura dei sostituti d’imposta può garantire risultati migliori, rapidamente e con meno costi, forse anche per cause non legate alle inefficienze della pubblica amministrazione. Ciò deriva, infatti, in buona parte, da una oggettiva facilità di raggiungere il risultato attraverso il sostituto d’imposta, a causa del suo coinvolgimento nei passaggi del denaro o nei pagamenti in natura.

Si decide, quindi, non a caso per l’appalto a terzi di buona parte dell’accertamento e della riscossione! Vogliamo essere generosi assai e darlo per buono.

Rinunciare a tutto ciò in un Paese ad evasione fiscale endemica vorrebbe dire, più che altro, minori entrate. La probabile conseguenza sarebbe la necessità di alzare ulteriormente le imposte ai soliti noti che già le pagano.
Vale la pena tenerci tutto, però deve sempre esserci misura nelle cose…

Però quanto lavoro e quanti rischi!

Abbiamo appena rilevato che le imprese svolgono l’importante compito di cui si è detto in modo efficiente e funzionale. Eppure una sola Certificazione Unica errata o inviata in ritardo comporta una sanzione di 100 Euro! E l’Agenzia delle Entrate ritiene non percorribile il ravvedimento operoso. Inoltre, ci sono ancora ipotesi al verificarsi delle quali si configura l’illecito penale.

Tutto questo mi pare incongruo. Diventa persino paradossale se lo caliamo nella realtà della babele delle nostre norme tributarie.

Entriamo nel concreto. Il reddito di lavoro dipendente, per esempio, è soggetto ad IRPEF. L’articolo di legge che si utilizza per la sua determinazione è l’articolo 51 del TUIR (Testo Unico delle Imposte sui Redditi). Esso è l’articolo che i sostituti d’imposta devono aver presente per applicare l’articolo 23 del DPR n. 600/1973 che ne regola l’attività in tal veste quando erogano redditi di lavoro dipendente.

Ma è solo una parte del lavoro. Tra le altre cose, si devono valutare le detrazioni per lavoro, quelle per carichi di famiglia, le addizionali comunali, quelle regionali, il bonus 80 euro, i premi di risultato…; tutte norme ulteriori delle quali tener conto. Ed anche in questo caso si tratta solo di una parte del lavoro (molte altre norme ed istituti potrebbero venire in considerazione).

Per curiosità ho copiato su un foglio Word il testo dell’articolo 51 del TUIR è ho usato il “contaparole”: spazi esclusi, sono circa 14.000 caratteri (sì, avete letto bene: quattordicimila).

Per dare un’idea, fare lo stesso giochino con l’articolo 117 della Costituzione (uno tra i più corposi) rileva, spazi esclusi, meno di 4.000 caratteri.

Degna di nota è anche la complessità della Certificazione Unica. La sola parte dedicata al lavoro dipendente, assimilati ed assistenza fiscale ha un gran bel numero di caselle che potrebbe essere possibile compilare: fino alla numero 920.
Trasecolo!

L’attività dei sostituti d’imposta potrebbe essere remunerata

Nel 2011 un gruppo di imprese, insieme a Unione Industriale di Torino ed allo studio professionale Vernassa, presentò una ricerca, che ebbe anche eco sulla carta stampata. Si trattava di Alpitour, Ferrero, Fiat, Fininvest, Iren, Piaggio, Pirelli e Telecom Italia (uso le ragioni sociali di allora).

Tali imprese si presero l’incarico di provare a misurare quale potesse essere il costo – a dipendente – della sola attività svolta a favore del Fisco.

Il costo medio ponderato che ne risultò, correlato agli adempimenti fiscali, fu di 87 Euro. L’importo sarebbe risultato anche più elevato se si fosse trattato di imprese con un numero di dipendenti più basso.

Credo sia doveroso sottolineare che l’attività dei sostituti d’imposta da allora è diventata sicuramente più complessa e costosa, in progressione parallela con il complicarsi della normativa. Il processo di vera semplificazione, sempre richiesto, non è mai neppure davvero iniziato.

Allora parve una piccola provocazione chiedere che tale attività ricevesse un corrispettivo da parte dell’Amministrazione Finanziaria (a quel tempo venne quantificata una richiesta di 35 Euro a parziale copertura dei costi). A dire il vero oggi sono convinto che non si tratti soltanto di una provocazione.

La scelta di remunerare l’attività delle imprese mi parrebbe invece oggi più che ragionevole. Sarebbe del tutto normale dover pagare il giusto prezzo per lo svolgimento di una attività a favore delle finanze pubbliche. Riterrei equo ripartire su tutta la collettività i costi di una attività di evidente rilievo generale.

La situazione attuale crea, invece, per le imprese una ulteriore imposizione, impropria, costosa ed estranea alla loro ordinaria attività. Si tratta di costi rilevanti che non pare equo debbano gravare solo su di esse, a prescindere, oltretutto, da qualsiasi indicatore di capacità contributiva.

Sarebbe interessante raccogliere qualche riflessione al riguardo.

Fabio Francescatti: Mi occupo da trent'anni di Fisco e Tributi. Sono Responsabile dell’Ufficio Tributario dell’Unione Industriale di Torino e Amministratore Delegato di Unioncaf, Centro di Assistenza Fiscale per lavoratori dipendenti e pensionati. La mia attività è volta a supportare le imprese e le persone fisiche nell’affrontare adempimenti e problematiche in ambito fiscale attraverso consulenza personalizzata, redazione di testi illustrativi delle novità normative, partecipazione come relatore a seminari e convegni divulgativi e tecnici, corsi formativi in qualità di docente. Laureato in Giurisprudenza, cultore dei rapporti personali, amo lavorare a sostegno di un interesse comune, che perseguo attraverso il lavoro di squadra.
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